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Il raggio della distruzione

Una macchina in grado di produrre energia gratuita e illimitata,
un raggio capace di vaporizzare la materia, un intrigo internazionale:
gli ingredienti di un'incredibile storia vera
narrata dal giornalista che l'ha scoperta e documentata…

di Rino Di Stefano

(Mistero Magazine, n°4, Pubblicato Mercoledì 24 Aprile 2013)

Copertina del quarto numero della rivista "Mistero" uscito il 24 Aprile 2013Tutto iniziò tra il 4 e il 5 dicembre 1976 quando, in segreto e nella massima riservatezza, furono svolte le prove previste dal protocollo Clementel. Il professor Ezio Clementel, ordinario di Fisica all’Università di Bologna, era il presidente del Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare (CNEN) e aveva ricevuto l’incarico di verificare il funzionamento della macchina direttamente da Giulio Andreotti, presidente del Consiglio nel governo in carica. L’ordine era chiarissimo: accertare se quel dispositivo fosse davvero in grado di creare energia pulita, in quantità indefinite e a costo zero. A sostenere questa sconvolgente teoria, era Rolando Pelizza, classe 1938, contitolare insieme al colonnello Massimo Pugliese del SISMI (il servizio segreto militare), della società Transpraesa, con sede a Vaduz, nel Liechtenstein. Pelizza non si definiva l’inventore della macchina, bensì soltanto il custode. Secondo lui, il meccanismo, azionato da cinque motorini alimentati da una comune batteria d’automobile, riusciva a produrre positroni (cioè elettroni con carica positiva) dal vuoto. Questi positroni, che si potevano ottenere di qualunque tipo presente nella Tavola periodica degli elementi, venivano poi “sparati” all’esterno alla velocità della luce e, colpendo il bersaglio, lo annichilivano trasformando la materia solida in energia pura. Esempio: da un grammo di ferro si poteva ottenere il calore sviluppato da 15 mila barili di petrolio.
Il protocollo di Clementel prevedeva quattro prove che stabilivano i modi in cui lastre di acciaio inox, alluminio e plexiglass La prima pagina di questo articolo pubblicato sulla rivista "Mistero"dovevano essere perforate, a distanze predefinite dalla macchina. Inoltre, bisognava dimostrare che i raggi potessero passare attraverso diversi materiali (senza danneggiarli), per colpirne altri. La macchina superò brillantemente tutti i test e l’esperimento venne ripreso da una telecamera collegata ad un videoregistratore AKAI VT110. FOTOSEQUENZA. Nelle immagini, la dimostrazione del protocollo di Clementel con le prove che stabilivano i modi in cui lastre di acciaio inox e alluminio venivano perforate dalla macchina dell'energia.Quei filmati sono giunti fino a noi. In seguito ai risultati, il professor Clementel preparò una relazione nella quale scrisse di proprio pugno che “nel caso della vaporizzazione del metallo, la potenza totale del fascio salirebbe a 40.000 Kw e la densità di potenza a 4000 Kw/cm²”. Una grandezza tale, affermava Clementel, che lasciava ben pochi dubbi circa l’enorme potenzialità dello strumento. “In ogni caso – concludeva il professore -, anche nell’ipotesi non ancor escludibile di fascio laser, le energie e soprattutto le potenze in gioco, si porrebbero al di là dei limiti dell’attuale tecnologia”. Tuttavia, Clementel escludeva “che si trattasse di fasci di anti-particelle o di anti-atomi”.
Clementel inviò subito la sua relazione all’On.le Fortuna e questi, dopo averla letta, il 5 gennaio 1977 la consegnò direttamente ad Andreotti.
E’ su questa base che negli anni successivi si formò il mito di quella che venne definita “la macchina del raggio della morte”.
Dal momento che stiamo parlando di una storia vera e non di un racconto di fantascienza, i risvolti furono moltissimi, coinvolsero un cospicuo numero di politici ben noti a livello internazionale e, in un secondo tempo, forse anche il Vaticano. Tanto per fare una breve citazione, i rapporti di Pelizza con il governo Andreotti naufragarono in un nulla di fatto, quando egli si rifiutò di seguire certe disposizioni che aveva ricevuto. Lo stesso avvenne con il governo americano, allora guidato dal presidente Gerald Ford, e con il governo belga, presieduto dal primo ministro Leo Tindemans. Il motivo è presto spiegato.

IL DOCUMENTO
Pagina di presentazione del documento del Prof. Ezio Clementel
Pagina più importante del documento con l'elenco delle prove richieste effettuate dal Prof. Ezio Clementel

Gli americani, attraverso l’ingegnere Mattew Tutino, inviato personale di Ford, chiesero a Pelizza di distruggere un satellite, del quale gli avevano fornito le effemeridi. I belgi, invece, pretendevano che distruggesse un carro armato nella loro caserma di Braschaat, nei pressi di Anversa. Ma Pelizza non voleva (e non vuole) che la sua macchina venga utilizzata per fini bellici. E si rifiutò. Anche perché, disse, lo aveva promesso al suo “maestro”.
Ma chi è questo “maestro”? E da dove saltava fuori? Fino agli anni ottanta, Pelizza raccontava che la macchina l’avrebbe avuta da un soldato tedesco, in ritirata dopo il 1945. Era una bugia, una delle tante che costellano la storia di questa macchina. Adesso, invece, cambiava versione e sosteneva che a inventare la macchina fosse stato uno scienziato, dal quale lui avrebbe appreso le nozioni di una nuova fisica. E qui entriamo in una dimensione alla quale Pelizza ci chiede di credere, nonostante non abbia mai fatto nulla per dimostrarne la veridicità.  Secondo il suo racconto, nel 1958, all’età di vent’anni, egli si sarebbe trovato in un convento di clausura del Sud Italia per ragioni di lavoro. Probabilmente per consegnare una partita di calzature, proveniente dall’azienda di famiglia. Nel convento, il giovane avrebbe conosciuto un frate cinquantenne che gli altri religiosi chiamavano con rispetto “il professore”. Costui lo avrebbe preso in simpatia e gli avrebbe insegnato i principi di una nuova e rivoluzionaria fisica.  Sarebbe stato sempre questo frate a insegnargli come costruire la famosa macchina e a rivelargli, dopo alcuni anni, che il suo nome sarebbe stato Ettore Majorana. Si tratterebbe, dunque, del famoso scienziato, ordinario di Fisica presso l’Università di Napoli, scomparso nel nulla nel marzo del 1938. Ma c’è un qualche elemento di certezza che dimostri, al di là di ogni ragionevole dubbio, che Pelizza stia dicendo la verità? La risposta è sempre no. Per quanto ne sappiamo, Majorana potrebbe esserci soltanto nella mente di quest’uomo. L’unico vero interrogativo, caso mai, è chi potrebbe avere ideato una macchina di quel livello, sempre che esista ancora oggi e che sia davvero in grado di annichilire la materia.
Di certo, nel corso degli anni sono accadute molte cose a Pelizza. Nel 1984 il giudice Carlo Palermo arrivò al punto di accusarlo di aver costruito “un ordigno bellico senza autorizzazione” e lo portò sul banco degli imputati nel famoso processo di Trento. Ma venne assolto. Nel 1996, invece, un suo conoscente si appropriò delle notizie inerenti la sua storia e creò, senza il suo consenso, la Fondazione Internazionale Pace e Crescita con sede a Vaduz, nel Liechtenstein. La Fondazione venne chiusa nel 2002, quando il gioco venne scoperto.
Pelizza, per evitare altri dispiaceri, si rifugiò quindi in Spagna, lasciando moglie e tre figli nella natia Chiari. Vive ancora oggi, da solo, nell’area di Barcellona.  Secondo una leggenda che ormai si è creata intorno alla sua persona, l’uomo sarebbe vittima di non meglio specificati servizi segreti americani che lo obbligherebbero da anni a lavorare (gratis) per loro. Nessuno, però, è in grado di dimostrare l’esistenza di questi 007 aguzzini o provare, come mormorano i suoi amici,Il cuore del presunto macchinario in grado di controllare i raggi di energia e in grado di trasformarli che si sarebbe rivolto al Vaticano per farsi difendere dall’oppressione degli agenti a stelle e strisce. Così come nessuno sarebbe in grado di giurare sulla reale esistenza della sua macchina. Eppure, ora che ha superato la soglia dei 75 anni, forse dovrebbe cominciare a domandarsi quale ricordo resterà di lui, quando non ci sarà più. Il suo cruccio è quella domanda (“Scienziato o truffatore?”) che i media gli hanno appiccicato addosso quando parlavano di lui. Eppure, quasi tutti coloro che lo conoscono, ne hanno una buona impressione. “A me deve un milione e mezzo di euro – racconta un suo amico imprenditore – ma so che prima o poi riavrò indietro il mio denaro. Il problema è che lo perseguitano, lo so. Ma un giorno tutto finirà e mi restituirà quanto mi deve. Ne sono certo…”.
Intanto, in attesa di quel giorno, è giusto domandarsi se e quando Pelizza deciderà di mettere la parola fine alla sua misteriosa, incredibile e controversa storia.

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Per vedere il servizio sul raggio della morte del programma tv “Mistero” andato in onda il 21 Giugno 2012 su Italia1, cliccare i seguenti link:

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