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Cronistoria delle passate vicissitudini del personaggio bresciano
inseguito da forze dell’ordine e magistratura

Quando Rolando Pelizza scriveva:
“Mi permettete di dare una mano
a questo mondo ammalato?”

Dall’Archivio Ravelli una lettera aperta del 1985 a Giovanni Paolo II,
al presidente Sandro Pertini, a Bettino Craxi e a Mino Martinazzoli

di Rino Di Stefano

(RinoDiStefano.com, Pubblicato Martedì 1 Maggio 2018)

Tra i numerosi documenti seppelliti nei 26 faldoni dell’Archivio Ravelli, ce ne sono due davvero illuminanti per quanto riguarda la storia di Rolando Pelizza. Mi sono stati consegnati personalmente da Alfredo Ravelli, con l’autorizzazione di Pelizza. Entrambi sono datati 1 gennaio 1985 e sono stati scritti proprio da lui, mentre si trovava all’estero per sfuggire ad un mandato di cattura emesso dalla Magistratura italiana. E quindi da latitante. Tutti questi capi d’accusa poi cadranno e il tutto si risolverà in un nulla di fatto. Il primo documento riguarda una lettera aperta inviata a Giovanni Paolo II, al Presidente della Repubblica Sandro Pertini, al Presidente del Consiglio Bettino Craxi e al ministro della Giustizia Mino Martinazzoli; l’altro è una Cronistoria di tutte le vicende che lo hanno coinvolto, raccontate dal suo punto di vista. Dal momento che si tratta di documenti storici, è necessario considerare che in quel periodo Pelizza non aveva ancora tirato fuori la storia di Majorana. Ufficialmente lo farà soltanto dopo il 7 dicembre del 2001, quando avrebbe ricevuto una lettera dal suo Maestro nella quale il presunto Ettore Majorana gli dirà che: “Da ora se lo riterrai opportuno, sei libero di usare il mio nome, di divulgare i nostri rapporti, gli scritti e fotografie; se lo farai ti prego di rivelare i veri motivi che mi hanno spinto nel 1938 ad allontanarmi da tutti per dedicarmi allo studio, nella speranza di arrivare in tempo e poter dimostrare al mondo scientifico che esistevano alternative importanti e senza pericoli”. Anche questa lettera fa parte del gruppo di quelle che sono state esaminate, periziate e dichiarate autentiche. Lo stesso avvenne per le foto che ritrarrebbero lo scienziato scomparso, ormai anziano, in convento. Ovviamente, però, tutto questo non basta per riscrivere da zero una storia che cominciò nel lontano 27 marzo 1938, quando Ettore Majorana, per ragioni ancora insondabili, decise di scomparire nel nulla. Rolando Pelizza, adesso, rivendica il suo ruolo in questa storia, sostenendo che nel 1958 conobbe lo scienziato in convento, ne divenne il discepolo e da lui apprese una nuova tecnologia in grado di cambiare il futuro del mondo. Una vicenda molto colorita e avventurosa, priva, però, di quella dimensione scientifica che ne garantirebbe l’ingresso nel mondo moderno. E fintanto che questo non accadrà, non sarà possibile affermare che sia stato svelato una volta e per tutte il mistero Majorana.
Le uniche variazioni che mi sono permesso di apportare nei documenti che state per leggere, sono quella di occultare l’indirizzo di Pelizza e mettere solo le iniziali del nome di uno dei suoi finanziatori. Visto che egli ha avuto un contenzioso con questa persona, non mi è sembrato il caso di rinverdire la polemica. Per il resto, è tutta farina del suo sacco (eventuali errori ortografici compresi). Chi non avesse ancora una nozione precisa di questa incredibile storia, può farsene un’idea leggendo questi scritti. Senza dubbio sono datati e privi di tutto ciò che si è aggiunto in seguito. Ma già da soli forniscono un quadro approssimativo e fedele, attraverso le parole dello stesso protagonista. Il testo è lungo, ma ritengo che valga la pena di essere letto.

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"Mi permettete di dare una mano a questo mondo ammalato?"

L e t t e r a  a p e r t a , con cortese richiesta di un consiglio a:

A Sua Santità, il PAPA (GIOVANNI PAOLO II)
Al caro Presidente della Repubblica, SANDRO PERTINI
Al Presidente del Consiglio, On.le BETTINO CRAXI
al Ministro di Grazia e Giustizia, Sen. MINO MARTINAZZOLI.

Alla presente, scritta per forza maggiore all'estero, ho pure aggiunto una più dettagliata “Cronistoria” della mia invenzione e delle susseguenti mie peripezie. Di tale 'aggiunta' (che costituisce anche una mia difesa personale) non m'attendo certo ch'essa venga esaminata di persona dai maggiori Esponenti del mio Paese. Sarebbe giusto forse ed istruttivo, trasmetterla ai ns. Inquirenti che - piuttosto ignari e mal informati - m'accusano di  "Costruzione di arma da guerra in segreto".

1 Gennaio 1985

I l l u s t r i s s i m i,

Papa Giovanni Paolo IIil mio nome è Rolando Pelizza, sono cittadino italiano, innamorato da sempre del nostro Paese e convinto democratico. Sono inoltre - mi si consenta l'immodestia - una persona tranquilla, conciliante, legata alla famiglia e che alla vita non chiederebbe altro, che poter proseguire senz'intralci i propri studi (le proprie ricerche scientifiche).

Dato tuttavia che nemmeno in Italia "l'ingiustizia è uguale per tutti", a me ne è toccata per strane circostanze una fetta un pochino esagerata: da anni sono costretto ad un penoso esilio, scappo da uno Stato all'altro, mi nascondo presso amici, braccato come lo sono dalle Polizie, da politici accecati dal militarismo e da conoscenti avvoltoi. Destino non insolito al genere dei ricercatori (che nelle meraviglie dell'Universo han scoperto qualcosa, tramutabile in miliardi)….

Qual è dunque la mia colpa?

In sintesi, di essermi impressionato nel lontano 1960, alla visione dell' "ignobile violenza che l'uomo esercita sulla Natura, senza tener conto delle gravissime conseguenze che ne possono derivare". Quale studioso del Creato,  non m'era difficile prevedere i danni che già oggi si sono moltiplicati e che le popolazioni nei Paesi più attenti avvertono con sgomento. Ritenni doveroso di riflesso (ed appassionante), iniziare in qualità di autodidatta un lavoro di ricerche. Con la precisa speranza d'individuare col tempo sconosciute fonti di vita, d'imparare a formulare l'equilibrio e la simmetria della natura cosmica, di scoprire cioè - grazie ad un'interpretazione più armoniosa delle leggi fisiche - una diversa e non inquinante forma di energia.

I primi sintomi che tale lavoro non fosse del tutto inutile, li riscontrammo nel 1973. Alludo ai miei collaboratori (italiani e stranieri), che in tutti quegli anni m'assistettero in laboratorio. Mediante la macchina da noi concepita e in via di sviluppo, riuscivamo ad attingere dalla natura e trasformare in una specie di "raggio",  una forza non solo nuova, ma di una spaventosa intensità. Senz'alcun dubbio si trattava dell'energia da me cercata. Ma come convertirla a scopi produttivi? Onde trovare una valorizzazione non solo distruttiva, lavorammo per altri anni.

Nel '76 tuttavia, quando già stavamo intuendo come tramutare quella forza in calore, ebbi la leggerezza di accennare ad un conoscente (era un colonnello dei Servizi Segreti) i risultati raggiunti. E mi lasciai convincere ad effettuare un esperimento in presenza sua e di altri invitati. Le mie cognizioni mi consentono d'inserirmi con le immagini sui comuni schermi televisivi, cosi ché i miei ospiti poterono seguire comodamente in due camere a Brescia l'esperimento da noi eseguito ad un centinaio di chilometri in alta montagna. In quel luogo deserto indirizzai i raggi della ns. macchina contro un determinato bersaglio naturale.

Ovvio, che ogni forma di energia può venir usata in vari modi: per scopi pacifici (com'era nelle mie fondamentali intenzioni), ma anche per uso bellico. Ai miei invitati, che con stupore e crescente entusiasmo filmarono e fotografarono (sul piccolo schermo) gli sviluppi dell'esperimento, balenarono innanzitutto le prospettive di un "micidiale uso militare”. In seguito, l'incuriosito e ahimè sempre poco pacifico mondo esteriore…coniò alla ns. scoperta il nome "raggio della morte”. E parte di quella documentazione venne mostrata a Roma all'addetto scientifico dell'Ambasciata americana.

Ne seguirono turbolenti trattative. Che in parte anche mi piacquero, come la lettera inviata da numerosi fisici e scienziati americani, che m'invitavano negli Stati Uniti onde scambiarci opinioni e dettagli inerenti la scoperta.

D'altra parte però vi furono anche incredibili ed insensate offerte finanziarie (un miliardo di dollari ed altro!) che mi pervennero, poiché il Ministero della Difesa s'era accuratamente informato sull' "efficacia distruttiva" della ns. macchina (velocità, precisione, ecc.). Le intenzioni di quel Governo quindi sul come usare la mia scoperta, non lasciavano dubbi. E fu proprio allora che dentro di me avvenne qualcosa: si profilò la consapevolezza di quel che stavo combinando, di botto divenni adulto, cosciente, ed insieme ad una strana cocciutaggine - Papa WOJTYLA dovrebbe capirmi - nacque in me l'assoluta certezza, che mai e poi mai avrei ceduto la ns. energia per scopi militari. Solo così si spiega, che un giorno - pur non rientrando nelle mie abitudini di offendere alcuno - piantai in asso a Roma l'Inviato personale dell'allora Presidente FORD : quel Mr. TUTINO pretendeva… ch'io abbattessi sopra l'Italia un loro satellite!

Sandro PertiniE c'è dell'altro. In cuor mio quella scoperta era riservata all'Italia, ogni trattativa con stranieri quindi era già vana in partenza. Ne ebbi conferma in quello stesso anno ('76), quando per esigenze finanziarie venni messo in contatto con funzionari del Governo belga. Con quei Signori (e contrariamente a quel che avveniva a Roma) non si parlò che di “scopi pacifici", effettuai esperimenti "termici" e si pervenne alla stipulazione di un contratto a livello governativo: per l'equivalente di circa Lit.115 miliardi cedevo i diritti di sfruttamento della ns. fonte energetica in Belgio. Presto però constatai, che pure a quei Ministri… non interessava in realtà che il "raggio della morte", vollero conoscere anche l'altra versione, mi sollecitarono a sparare perlomeno contro un loro carro armato. Come andò a finire? Beh, l'ufficialità della vicenda era rimbalzata a Roma ed ebbi così modo di allacciare un'amicizia col Signor Ministro A. MANCINI (addetto alle "Ricerche scientifiche"). Egli non solo s'interessò al mio lavoro, ma giunse di persona a Bruxelles a visionare i dettagli di quel contratto. Venne alla luce…che i vari Ministri belgi - onde costringermi a svelare l'intera formula - m'avevano addirittura ingannato (apportando al contratto delle sostanziali modifiche). Sulle prime non ci credetti, ma poi mi ribellai: davanti agli occhi di tutti quei Corifei riuniti, distrussi la macchina, chiesi l'immediato annullamento dell'intera trattativa.

Da questi pochi accenni, ritengo, si capirà che la "segretezza” di cui sono accusato in Italia è assurda. Lo stesso Sign. Ministro Mancini, per esempio, non solo ottenne dai Belgi un'alta medaglia al valore (per essere riuscito a farmi stare tranquillo), ma collaborò poi con me per degli anni, garantendomi tra altro, di tener continuamente informato il ns. Governo. Esistono per l'innocenza di un accusato prove più inconfutabili?

Da quel tempo comunque non ebbi più pace. Persone o gruppi interessati alla scoperta si moltiplicarono come funghi. Praticamente impossibile proseguire nel mio lavoro. E a tutte quelle menti umane - ormai ne ero certo - uno sviluppo costruttivo dell'invenzione non importava un bel niente. E dato che nessuno riuscì ad estorcermi il mio segreto, ebbe inizio una serie di vicende, che ancor oggi non mi sembrano vere, pensavo avvenissero solo al cinema: venni arrestato a Torino e rilasciato dopo Bettino Craxitre mesi, venni sequestrato da una strana organizzazione e poi incolpato addirittura dalle ns. Autorità, importi inviatimi ufficialmente dall'estero e necessari al mio lavoro, non mi vennero più accreditati dalle ns. banche, ecc. Una vera e propria persecuzione. Che mi sconvolse, trascinò me e la famiglia in crescenti difficoltà. E mi rattristò pure il fatto, che nessun esponente del Governo o Ente italiano mosse un dito in mia difesa (pur essendo sempre al corrente), e mai una volta venni convocato a Roma, onde esaminare insieme con serietà i risultati da me raggiunti, ed usarli poi eventualmente per il bene della Nazione.

Al contrario. Invece di sostenere un ns. cittadino nel perfezionamento d'un invenzione che a mio avviso darebbe lustro all'Italia (e potrebbe risolvere di colpo l'increscioso squilibrio causato al ns. Bilancio dalle energie importate), la negligenza delle ns. Autorità raggiunse nell' '83 l'apogeo, quando per mano dell'allora scatenato Giudice Sign. CARLO PALERMO di Trento, spiccarono nei miei confronti… un mandato di cattura internazionale! L'interessante motivazione l'ho già precisata: "Costruzione di arma da guerra in segreto". Informato in tempo, ed intuendo perfettamente il ricatto che in cella non m'avrebbe lasciato alternative, decisi di lasciare l'Italia.

Sono passati due anni. E vorrei mi si creda…per l'assurda ferocia di qualche Magistrato (o di segrete organizzazioni) non porto rancore. Ma c'è la mia famiglia. Il nostro buon nome. E c'è pure quell'invenzione, che fisici stranieri – esagerando - han definita ”degna del Premio Nobel". Sapesse il Presidente PERTINI quanto mi sto battendo, con chi m'aiuta all'estero, affinché la paternità della stessa rimanga al ns. Paese! E vorrei tuttora offrirla gratuitamente all'Italia la ns. energia alternativa.

Mi si dirà "Ma diamine, Pelizza, perché ti fai vivo solo oggi?"

Beh, nella vita pratica, che so, m'accompagna una timidezza e per lungo tempo ritenni che un simile errore giudiziario dovesse per forza risolversi da solo. Pensavo anche, che qualcuno da noi insorgesse, possibile che nessuno fiutasse l'opportunità d'un magistrale intervento politico, una volta diverso ed utile al popolo intero? Non avvenne nulla. Qualche settimana fa invece, apparvero su tutti i ns. quotidiani degli articoli sul cosiddetto "raggio della morte" e la moltitudine di giornalisti, alquanto superficialmente, parlarono di "colossale truffa" (non si sa a danno di chi). Si capirà di riflesso, che almeno per una volta mi tocca reagire. Ma come riferire la verità senza sollevare un polverone, senza porre in cattiva luce dei compatrioti, ivi incluse varie ns. poco corrette Autorità?

In attesa di una ispirazione, cominciai a dettare la “Cronistoria”, che potrà sempre servire e alla famiglia e alla stampa (italiana ed estera) ed eventualmente pure agli Inquirenti. Capii tuttavia, che inoltrando direttamente tale documentazione, avrei rese "pubbliche" le non per tutti lusinghiere vicende. E rinunciai anche all'intervento personale di altolocati conoscenti stranieri. Sempre nell'intento dunque di risolvere la questione nel modo più discreto possibile, trovai il bizzarro coraggio… di scrivere la presente.

Mino MartinazzoliInutile a mio avviso, dopo quest'estenuante introduzione, parlare di speranze. Sono certo che le ns. massime Personalità politiche e religiose hanno già afferrato il preciso senso di questo mio disperato "S.O.S.". A prescindere dall'infelice mia situazione personale (che vorrei passasse in secondo piano), qui si tratta di consentire un tentativo politico non solo remunerativo, ma di alto senso umanistico. Impossibile oggigiorno, non pensare per un attimo all'avvenire dei nostri figli. La mia rispettosa proposta sarebbe dunque di mettermi alla prova. Di consentirmi appunto di terminare in Italia il perfezionamento dell'accennata energia alternativa. E ciò in collaborazione (ed il costante controllo) di esperti designati dal Governo.

Ribadisco a tale proposito, che l'energia da noi sviluppata non è inquinante e i suoi costi di produzione sono praticamente zero. Attualmente la ns. macchina ha le dimensioni di 55 cm³ e con l'impiego di soli 70 Watt – si è calcolato – possiede l'efficacia di una delle più grosse centrali termonucleari esistenti. Nel 1981 sono ancora riuscito a dimostrare, in presenza del Sign. Ministro Mancini, che siamo in grado di trasformare detta energia in calore. Potrebbe dunque in teoria sostituire l'energia tradizionale. Con vantaggi economici incalcolabili. E la spettacolosa conseguenza di rendere più pura l'aria, più limpide le acque, di creare insomma i presupposti per un futuro più sano e meno preoccupante.

Il quesito principale comunque sarà ben presto, di trovare un modo adeguato, coraggioso ed inoffensivo, per inserire la nuova energia nell'attuale sistema industriale. Onde non apparire troppo ingenuo, posso aggiungere che a  questo proposito ho fatto effettuare a degli economisti degli studi accurati. La loro risposta fu unanime : "Un simile cambiamento sarebbe una catastrofe". Aggiunsero però pure: "Segno che l'attuale sistema è assurdo".

Ovvio che questo problema lo si è discusso a fondo con gli amici stranieri. E si è giunti alla conclusione, che occorre procedere "a piccoli passi". Eminenti fisici sono concordi nel ritenere, che mediante la ns. macchina si dovrebbe poter annientare le oggi tanto discusse e pericolose scorie nucleari. Privarle cioè della deleteria radioattività. Un esperimento in tale senso ora lo si sta programmando. Ed è chiaro, che nessuno al mondo ci si potrà opporre. E se riuscisse, com'è prevedibile, di fronte alle opinioni pubbliche nei vari Paesi non si potrà più ignorare (o impedire col potere) l'impiego concreto e reale dell'energia da noi trovata.

Prima pagina della lettera di Ettore Majorana a Rolando Pelizza del 7 Dicembre 2001Da parte mia, mi si consenta quest'ultima considerazione, ho un'incrollabile fiducia, che la ricchezza d'ingegno di noi italiani troverà entro non molto tempo una soluzione elegante per realizzare questo “sogno di tutti i Paesi", accontentando nello stesso tempo anche le bramosie delle grandi società multinazionali.

Arrivati a questo punto, non mi rimarrebbe che ripetere la mia sorniona domanda iniziale : “Mi permettete di dare una mano a questo mondo ammalato? In verità tuttavia, la mia più sostanziale ed umile domanda è: "Che devo fare?”

Qui all'estero, mi si creda, sono spaesato. I miei pensieri s'offuscano. Subisco delle crisi non solo di coscienza, ma mi sto inoltrando in sciocchi propositi di dimostrare a questo mondo ingrato qualcosa di sconvolgente. Folli pacifisti m'hanno proposto in questi giorni, di ricostruire il “raggio della morte", d' indirizzarlo nello stesso tempo contro il Cremlino e la Casa Bianca, onde costringere quei Governanti al disarmo!

Rimaniamo semplici, costruttivi. Mi permetterei ancora di chiedere al Sign. Ministro M. MARTINAZZOLI : "Che me ne faccio dell'allegata 'Cronistoria'? La mando al Sign. Giudice Carlo Palermo, o me la porto appresso in Paradiso, per un Giudizio più sereno?"

E sapendo che "nessuno è profeta in patria", chiedo all'On.le BETTINO CRAXI : "Lo troverebbe normale, che mi mettessi al lavoro per un Governo straniero?"

Chiedo a Sua Santità, il PAPA: "Lo troverebbe saggio, in ultima analisi, se consegnassi la mia scoperta contemporaneamente a tutti i Governi di questo mondo? Che poi, come si sa, l'adoprerebbero in forma di arma micidiale".

Ed infine, gradirei porgere la mano a Papà Pertini:  "ELLA che ha tutti i poteri, non se la sentirebbe di prendere in mano la questione, di organizzare per la gioventù che l'adora, un futuro sano ed accettabile?"

Non so, se posso sperare in eventuali risposte. Non so neppure se la presente verrà mai letta a Roma. Io l'ho scritta in buona fede, pur sapendo che il mio caso non è che uno dei tanti. Sta comunque iniziando un nuovo anno, per cui mi permetto di augurare a Tutti i più ampi consensi del ns. Popolo e nella vita privata le più agognate felicità.

Con massima stima,

Rolando Pelizza

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Non risulta che qualcuno dei destinatari abbia mai risposto a questa lettera. Ed ecco, dunque, la Cronistoria raccontata da Pelizza. Non ho aggiunto i vari allegati, perché a quel punto il testo sarebbe diventato chilometrico. In ogni modo, chi vuole documentarsi di più sulla biografia di Rolando Pelizza, può farlo leggendo il libro “2006: Majorana era vivo!”, Le ultime lettere di Ettore Majorana a Rolando Pelizza, di Alfredo Ravelli, Edizioni Print Service srl - Pavia, 2017. 

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" C R O N I S T O R I A "
(di un'invenzione scientifica e delle susseguenti mie peripezie)

In contumacia, 1 genn. 1985

Premessa :

Ettore MajoranaNel 1983 la Procura della Repubblica di Trento ha emesso nei miei confronti un mandato di cattura internazionale. Accusa : "Costruzione di arma da guerra in segreto". Tale assurdità mi ha indotto a rifugiarmi all'estero. Dato però, che qui potrebbe accadermi di tutto, o potrei venir arrestato e rinchiuso, in carcere in Italia (dove una 'regolare difesa' nel mio caso è impensabile), ho ritenuto opportuno dettare la presente, affinché - succeda quel che succeda - sulla realtà dei fatti possano venir informati; a) i miei famigliari, b) la stampa (italiana ed internazionale), c) le ns. Autorità Inquirenti. La qui seguente veritiera deposizione potrà di conseguenza anche fungere da mia 'difesa personale'.

'Cronistoria'

Sono nato a Chiari, Prov,di Brescia, il 26.2.1938. Appartengo ad una famiglia di commercianti che da varie generazioni opera nel ramo delle calzature. Già in gioventù mi sentivo portato verso certe ricerche, Convinto che ogni prodotto tradizionale potesse venir migliorato, m'interessava apportare qualche innovazione ed iniziai con delle piccole scoperte, che riguardavano allora il nostro campo.

Talune di queste invenzioni le feci brevettare e le trattative per piazzarle poi industrialmente, mi consentirono di conoscere anche il mondo degli imprenditori.

Nel 1960 poi, avendo nel frattempo approfondite le mie cognizioni tecniche ed esteso i miei studi nella fisica, mi vidi attratto dalle meraviglie del Creato. In pari tempo notavo gli enormi squilibri causati alle Economie dall'importazione dall'estero d'un energia sempre più costosa. mi chiesi di riflesso se non fosse possibile, trovare nella Natura un'altra (più conveniente e non inquietante) fonte energetica.

Ci pensai per circa due anni. Durante i quali nacque in me la certezza, che per riuscire nell'accennato scopo, occorreva il coraggio d'interpretare in un modo diverso le leggi fisiche finora conosciute. Decisi dunque d’impostare un modesto laboratorio personale a Chiari ed iniziai un paziente e meticoloso lavoro di ricerche. Nel quale col tempo mi feci assistere da tecnici (italiani e stranieri). Ed ebbi pure la fortuna di poter a volte usufruire della benevolenza d'importanti società (Montedison, ecc.), che mi permettevano di svolgere parte della mia attività nei loro laboratori, o mi prestavano delle apparecchiature.

Onde poter far fronte ai forti e crescenti costi di tale ricerca, sviluppai parallelamente qualche altra invenzione tecnologica e partecipai (in qualità d'intermediario) ad affari di vario genere, come lo sviluppo di aree a scopo turistico, l'acquisto di alberghi, appartamenti, quadri d'autore, o la commercializzazione di pezzi di ricambio d'automobili e macchine utensili.

Erano lavori questi, che in realtà non m'interessavano. Mi sembravano tuttavia l'unico modo, onde guadagnare quanto mi occorreva per le mie ricerche. Sulle quali - si capirà - avevo deciso fin dall’inizio di mantenere la più assoluta segretezza, perlomeno fino al momento di aver concretamente raggiunto dei risultati tangibili e costruttivi.

E i primi sintomi, che la mia ricerca d'una nuova energia non fosse del tutto inutile, li ebbimo nel 1973. Mediante la macchina da noi ideata (ed in via di sviluppo), riuscimmo ad attingere dalla natura e trasformare in una specie di "raggio” una forza non solo nuova, ma di una spaventosa intensità. Devo ammettere, che a quello stadio delle ricerche la nostra macchina assumeva le parvenze di un'arma. E con un terribile effetto distruttivo. Ma nelle mie intenzioni (e speranze) non eravamo che all’inizio. Lavorammo infatti altri anni, onde poter usare quella forza per scopi pacifici, principalmente termici.

All'inizio del '76 tuttavia - e proprio quando cominciavo a scoprire il procedimento, col quale tramutare la nuova forza in calore, cominciarono a turbare la mia vita privata dei fatti inattesi ed inspiegabili. Venni un giorno fermato dalla Polizia svizzera e trattenuto per ventiquattr'ore. E prima di venir rilasciato, un funzionario m'avverti che al mio ritorno a casa avrei trovato una sorpresa. Rientrando a Chiari infatti, dovetti constatare che sia il laboratorio, sia casa mia erano stati nel frattempo minuziosamente perquisiti. E senza che gli Agenti avessero lasciato ai miei famigliari un regolare mandato. Mi premurai d’inviare immediatamente un telegramma (seguito da conferma scritta) alla Magistratura ed agli Uffici di Polizia di Brescia, mediante i quali mi dichiarai pronto a dare ad essi ogni necessario ragguaglio sulle mie varie attività. E fu proprio in quell’occasione, all’inizio dunque delle mie peripezie, che mi rivolsi all'allora avvocato ed ora Sign. ministro, Sen. Mino Martinazzoli, per la necessaria assistenza.

Le mie "peripezie"… Già, non passarono che pochi mesi e venni arrestato a Chiari, quale presunto complice di un grave atto criminoso avvenuto a Torino. Il pretesto era, ch'io avrei intrattenuto rapporti con uno degl'imputati di tale delitto. La carcerazione si prolunga per tre mesi, pur risultando evidente (a tutti) la mia totale estraneità alla vicenda. Mi assisteva l' avv. Censo (legale della famiglia Agnelli), il quale - al pari di me - si meravigliò delle "stranezze" affioranti nel modo col quale la Magistratura procedeva nel mio caso. In seguito comunque, venni prosciolto in Istruttoria “per non aver commesso il fatto".

Ritornato in libertà, commisi un grave errore: un amico, l'allora Colonnello Massimo Pugliese, mi consigliò di rivolgermi alla stampa, onde riabilitarmi ed informare l'opinione pubblica sull' "incredibile modo di gestire la Giustizia" avvenuto a Torino. E l’intera stampa, che durante il mio arresto aveva pubblicato su suggerimento degli inquirenti delle ignobili fandonie sul mio conto, non attendeva che il mio benestare per pubblicare tale scandalo. lo viceversa detti retta al mio avvocato personale Sign. Giovanni Consoli di Chiari, il quale mi suggerì di seguire il consiglio datomi dal Giudice che mi aveva prosciolto, e cioè… di "starmene tranquillo, se non volevo incorrere in guai ancor peggiori".

La mia indole conciliante, forse anche un’innata timidezza, ma soprattutto il desiderio di rituffarmi al più presto nel mio lavoro, m'indussero quindi a tacere.

Subito tuttavia, dovetti constatare che l'arresto di Torino m'aveva arrecato vistosi danni: mi trovai all'improvviso di fronte ad una situazione nociva, avevo perso credibilità, l'immagine che il mondo esteriore s'era fatta di me era mutata. Di colpo risultava enormemente più difficile qualsiasi trattativa e di conseguenza assai più problematico il finanziamento delle mie ricerche.

Il presidente USA Gerald FordDopo lunga riflessione, decisi di sottoporre il mio problema al Colonnello M. Pugliese. Il quale risultò così il primo estraneo, che dopo 16 anni di lavoro venne a conoscenza dei risultati fin’allora raggiunti. Nella sua qualità di "funzionario del Servizio Segreto", Pugliese ne rimase sbalordito, interessato. E in qualità di "privato" mi promise che - se ciò che asserivo corrispondeva al vero -  egli mi avrebbe trovato un finanziatore, o meglio l'importo necessario per consentirmi di proseguire senza intoppi e per almeno tre anni il perfezionamento delle mia invenzione.

Di comune accordo, si decise di effettuare un primo esperimento. Che avrebbe dovuto rimanere l'unico, ma consentire al Colonnello di procurare “convinto" l'accennato finanziamento. Avvenne nel giugno '76 in presenza di M. Pugliese, di alcuni collaboratori, del Prof. Guido Boni, sindaco di Brescia (o Presidente della Provincia), nonché del Colonnello dei Carabinieri Sign. Guido Giuliani.

La precisazione di tali "presenze" conferma eloquentemente alle ns. Autorità Giudiziarie, che mai e poi mai ho inteso costruire in segreto un’arma, ma che ho sempre voluto inventare per il bene comune una nuova forma di energia.

Le mie cognizioni mi consentono d'inserirmi con le immagini sui comuni schermi televisivi, cosicché i miei ospiti poterono comodamente seguire in due camere d'un appartamento a Brescia, l'esperimento da me effettuato ad un centinaio di chilometri in alta montagna. Anzi, quand’io diressi i raggi della macchina contro determinati obiettivi naturali, essi filmarono e fotografarono gli sviluppi dell’esperimento (sul piccolo schermo).

Il tentativo, dal punto di vista tecnico, riuscì perfettamente. La mia decisione viceversa, di mostrare ad estranei l'efficacia della mia invenzione, si rivelò deleteria. Da allora in poi, infatti, non ebbi più pace e passò molto tempo (anni), finché mi fu possibile proseguire il lavoro in laboratorio.

Giungo dunque nella 'Cronistoria' al turbolento periodo che dovrebbe maggiormente interessare gl'Inquirenti.

Di tale turbolenza non intendo certo incolpare l'amico Pugliese, che agì in perfetta buona fede e con l’intenzione di aiutarmi. Il fatto tuttavia, di essermi affidato a lui, indirettamente – ed invece che rappresentare un aiuto – mi scaraventò in un mare di peripezie, che con l'andare del tempo assunsero il carattere di un "perpetuo ricatto". Che non solo pregiudicò in modo irreparabile la segretezza del mio lavoro, ma alfine – non riuscendo io ad accontentare le varie e tanto diverse bramosie di privati, governi o associazioni – mi fu fatale.

Mi spiego: a mia insaputa e cioè senza richiedere il mio consenso, il Colonnello Pugliese mostrò la documentazione filmata e fotografata di quell'esperimento a conoscenti suoi dell’Ambasciata americana di Roma. Circostanza, che diede inizio ad una serie di trattative con esponenti del Governo americano e sull'andamento delle quali, Pugliese informò (com'era suo dovere ) alte personalità della politica italiana. Per me tali trattative persero ogni valore quando capii – e non v’erano dubbi – che agli Stati Uniti la mia invenzione a quel punto interessava esplicitamente per scopi militari.

Vi fu in seguito un’ancor più concreta trattativa col Governo belga. Apparentemente con intenzioni costruttive, pacifiche, ma che dopo molti mesi si rivelò per identica a quella precedente. Qualcuno alla mia invenzione aveva trovato il nome "raggio della morte". Ed in verità era l'arma che tutti cercavano di ottenere da me, inventando mille trappole, sotterfugi e bugie.

Ovvio, che su tali avvenimenti gl'lnquirenti vogliono essere informati in modo più compiuto. Per mia fortuna, e trattandosi in pari tempo dalla mia 'difesa personale', sono in grado di sottoporre alla loro attenzione alcuni "Memorandum", che vennero a quel tempo stipulati per ricordarci esattamente lo svolgimento dei fatti. Tali documenti li considero una "prova concreta" della mia totale innocenza, riguardo all'accusa di "costruzione di arma da guerra in segreto", e ciò anche per il fatto che gli stessi “Memorandum" sono regolarmente firmati dai vari protagonisti, nonché da due rinomati avvocati di Brescia.

Prima però di fornire tali "prove", devo attirare l’attenzione di chi legge sull'incredibile caos che mi procurò il secondo "aiuto" dell'amico Pugliese, e cioè il finanziamento privato ch'egli mi offrì nel novembre 1976.

Mattew TutinoIn quel mese infatti e finalmente, egli mi comunicò d'aver convinto in Sardegna un suo conoscente, tale sign. geometra G. P. (ex-impiegato alla Regione) a stanziare un consistente importo, onde consentirmi di portare a termine il mio lavoro. Il finanziatore stesso, Pugliese me lo tenne nascosto a lungo. Di persona invece mi consegnò le varie e successive somme, che però risultarono sempre… degli effetti a scadere! E furono poi proprio le scadenze di quelle cambiali a manovrarmi ogni volta in situazioni di grave disagio. Minacciando infatti di non pagare, P. mi costrinse a sempre nuovi esperimenti, ad altre trattative con nuovi gruppi o Enti (vedi il Governo belga), alla costituzione di società, di cui cedere a terzi delle percentuali, ecc. ecc. Nel proporre e vendere la mia invenzione, P. era instancabile, scatenato.

Ed anche di tali opprimenti realtà, fanno testa a chi legge gli allegati "Memorandum". Dai quali a mio avviso emerge evidente l'intricato caos nel quale venni coinvolto: dopo 16 anni di proficuo a confortante lavoro, l'intervento di altre persone mi causò non solo sputtanamenti, perdite di anni, la distruzione successiva di ben 5 costosissime macchine, nonché enormi spese per viaggi (tutti e sempre a mio carico), ma anche la continua oscura persecuzione di a me sconosciuti organismi. Dai quali venni ad un certo punto anche sequestrato.

Constatando che con tali rilievi siam giunti circa all’anno 1979, mi permetto dunque di offrire agl'Inquirenti gli accennati "Memorandum", che si riferiscono al periodo testé descritto. Gli avvocati che ci hanno apposto le loro firme sono i sigg.i Pierluigi Bossoni e Guglielmo Trombetta, entrambi di Brescia. Le altre firme sono del geom. G.P., Cagliari, di Piero Panetta, Milano, mio collaboratore, del geom. Antonio Taini, Brescia, allora con me associato in vari affari, e naturalmente la mia.

ALLEGATO A :
12 pagine, fine marzo 1977.

ALLEGATO B :
14 pagine, firmate il 22.12.'77.

ALLEGATO C :
7 pagine, fino al 25.5.'78.

ALLEGATO D :
Appunti, da me raccolti a partire dal 25.5.'78 e che poi non vennero né trascritti in "memorandum", né controfirmati. Essi accennano comunque il preciso proseguo di quelle trattative.

Precisazione :
A richiesta degl'Inquirenti, sono in grado di fornire loro copie (o originali) di tutti gli accordi, contratti, lettere ufficiali ad altri documenti, dei quali si è parlato nei sopra elencati "Memorandum".

"CRONISTORIA", continuazione:
Col dettagliato resoconto delle trattativa degli incontri avvenuti in seguito all’interessamento dei Sigg.i Pugliese e P. – e che gl'Inquirenti hanno potuto esaminare nei vari “Memorandum" –, chiudiamo in pratica il capitolo dell’interessamento americano prima, di quello belga poi , Peripezie, come si sarà notato, che non hanno portato a nulla di concreto.

Mi si consentirà tuttavia – dato che qui proseguo pure la mia difesa personale nell’accusa di "Costruzione di arma da guerra in segreto” – di far rilevare a chi legge, che mai e poi mai durante tale periodo ho offerto in vendita un' "arma". Anzi, mi ci sono rifiutato decisamente! Entrambe le trattative infatti le troncai, quando gli acquirenti non poterono più negare il loro vero scopo: quelle americane, quando Mr. Tutino (inviato personale dell'allora presidente Ford) mi propose di abbattere sopra l'Italia un loro satellite, quelle belghe, quando i ministri m’imposero di svelare loro le mie tecnologie e di sparare perlomeno contro un loro carro armato. Onde provare una volta per sempre agl’Inquirenti la mia totale avversione per qualsiasi proposta di genere bellico, preciso loro ancora il seguente dettaglio: mentre il Governo americano mi aveva offerto un miliardo di dollari più il 50% della società che avrebbe gestito lo sfruttamento della mia nuova energia, il contratto col Governo belga, a scopo pacifico, mi garantiva pur sempre l'equivalente di Lit.115 miliardi circa. Ma quando mi chiesero così apertamente di sparare contro un loro carro armato, che feci?… Sotto gli occhi di tutti quei Ministri riuniti, distrussi la macchina e pretesi l'immediato annullamento di tutti gli accordi.

E quanto alla "segretezza" di cui sono accusato, ci terrei a precisare il seguente dettaglio : quando si trattò di portare in Belgio la mia macchina, che era parte integrante del contratto col Governo, il ministro italiano Sign. Antonio Mancini provvide di persona e presso le competenti Autorità all'ottenimento di tutti i necessari permessi per l'esportazione. La Polizia di Brescia accompagna il trasporto dal mio laboratorio all'aeroporto militare di Ghedi, ed il volo per Bruxelles venne tutelato da un aereo della Nato. Lo stesso ministro Mancini poi, non solo prese parte al volo, ma partecipò attivamente alle trattative, tanto che alla fine il Governo belga gli consegnò un’alta medaglia al valore, per essere riuscito a convincermi di non agire nei loro confronti (quei Politici s’erano addirittura permessi d’ingannarmi apportando a mia insaputa delle modifiche al contratto). Spesso inoltre e davanti a numerosi testimoni, il ministro A. Mancini mi assicurava di tenere continuamente informate le nostre Autorità governative, in modo particolare il Presidente del Consiglio.

Tutti questi fatti possono facilmente venir controllati dagl'Inquirenti. Cui di riflesso apparirà evidente, se non addirittura assurda l’accusa di "costruzione di arma da guerra in segreto", formulata nei miei confronti dal Sign. Giudice Carlo Palermo.

Ma veniamo ad un nuovo capitolo. Al periodo cioè, quando con l'intervento del Sign. Ministro A. Mancini ci si era liberati dai pasticci del Signor P., dalle sfiancanti prove e controprove richieste da quest'ultimo, dalle costituzioni di società, dalle altre sciocche pretese ed innumerevoli promesse finanziarie mai mantenute.

Grazie dunque al reale interessamento per la mia invenzione palesata dal Sign. Ministro Mancini, non eravamo rimasti che io, quale rappresentante del mio gruppo di ricercatori, ed il ministro, che mi garantì d'iniziare ora le da me tanto agognate trattative per il Governo italiano. Giova ricordare, che da parte mia ho sempre ribadito l'intenzione - una volta perfezionata la scoperta a scopi produttivi - di fornire gratuitamente all’Italia la mia energia. E speravo che dallo stesso ns. Governo io venissi protetto, onde poter lavorare indisturbato.

Il giudice Carlo PalermoPure il ministro Mancini tuttavia, mi pregò già subito di effettuare anche per lui - allo scopo di poter convincere il ns. Governo - un esperimento. E di genere "distruttivo". Con i miei collaboratori venne dunque costruita una nuova macchina. E dal 19 al 21 marzo 1979 detto esperimento ebbe luogo in montagna. In presenza naturalmente dello stesso ministro. Ne seguì rapidamente un altro il 26.3.'79 a Chiari, nel mio laboratorio (sui materiali). Entrambi riuscirono perfettamente. Anche se alla fine del secondo esperimento, per via di alcune avarie accusate durante il trasporto, la macchina si distrusse.

La documentazione fotografica tuttavia, rilevata in tali giorni dal ministro, gli permise di approfondire i contatti a Roma ed incitarmi a riprendere febbrilmente il mio lavoro.

Come già ripetutamente affermato, la mia precisa intenzione di scienziato era: tramutare la nuova energia da noi trovata in calore. Mi ci dedicai per un anno. Ed il primo per me importante e valido esperimento avvenne a Chiari il 21 marzo 1980. Alla presenza del ministro Mancini, del sign. Prof. Pietro Adonnino, di Piero Panetta. E pure esso…riuscì! Potei dimostrare alfine, che era possibile mediante la mia modesta macchina (di soli 55 cm³), riscaldare in un baleno interi edifici. Si calcolò, che la stessa ns . macchina, con la modestissima spinta di 70 Watt, aveva l'efficacia di una delle più grosse centrali termonucleari esistenti.

I miei ospiti esultarono. E in quel primo giorno di primavera definirono l’evento : "L’inizio di una nuova era". Questa frase il ministro Mancini la scrisse di proprio pugno sul telaio della macchina e volle che pure gli altri tre presenti controfirmassero la sua "storica" frase.

Chi legge capirà, ch’io trassi un sospiro di sollievo. Nella mia qualità di scopritore avevo finalmente raggiunto un tangibile risultato costruttivo. Che ovviamente andava ancora perfezionato, adeguato alle esigenze di un completo, lusinghiero e conveniente sfruttamento industriale.

Anche stavolta tuttavia non potei concentrarmi su quanto mi stava a cuore. Al contrario: da Roma il ministro Mancini mi pregò di effettuare al più presto un altro esperimento. Si trattava di dimostrare ad un suo conoscente, il Prof. Guerriero, la funzionalità della mia macchina. Purtroppo però, non la produzione di calore, bensì… la potenza distruttiva!

Tale richiesta mi procurò un forte imbarazzo. Intuivo che di nuovo eravamo sulla strada sbagliata. Ed anche dal punto di vista tecnico, la richiesta del Ministro mi pose un problema: gli feci presente, che la trasformazione della macchina - diciamo così - da pacifica a bellica, non era solo difficile, ma pericoloso. Per assecondare il suo desiderio, ne avrei dovuto costruire un'altra, ma non c'era il tempo materiale. Ciononostante lui insistette. E per non deluderlo, tentai. L'esperimento però non mi riuscì, in quanto la macchina si distrusse. Segno anche, che io stesso, una volta trovato quel che cercavo, non riuscivo più a concepire l'invenzione distruttiva.

Della collaborazione col Sign. ministro Mancini devo rilevare, ch’egli si adoprò pure di persona in quel tempo, onde procurarmi gl'importi necessari alle mie ricerche. Sulle prime organizzò degl'incontri con alcune personalità dell’Alta Finanza (Monti petroliere, Pesenti banchiere, l’Ing. Grandi Pres. della Bastogi-Finanziaria, ecc.). In seguito tentò di farmi ottenere un prestito sulle mie proprietà. Sfortunatamente non riuscì mai a concludere qualcosa di concreto. Per cui ripresi a svolgere parte della mia attività in laboratori all'estero, com'era già avvenuto nei primi anni-settanta (e grazie a facoltosi conoscenti di un mio collaboratore straniero).

Il ministro Mancini inoltre, si fece promotore della temporanea importazione in Italia d'una sostanziosa collezione di quadri d’autore. Egli procurò i necessari permessi doganali, nonché l’ingente fidejussione depositata a titolo di garanzia dal Ministero dei Beni Culturali. Dato che pure questa iniziativa, che avrebbe dovuto costituire un aiuto per il mio lavoro, venne in seguito usata (da chi oscuramente mi persegue?) per incriminarmi, facendomi imputare addirittura di "Contrabbando e falso in documenti", ne illustro a parte i dettagli nel qui seguente…

ALLEGATO E :
Mia peripezia in Italia con la collezione.

Informati dunque gl'Inquirenti sulla questione dei quadri, passo immediatamente ad un fatto analogo, verificatosi a mio danno In seguito ad una questione con l'I.V.A. Anche da questo caso, a mio avviso, emerge lo strano modo col quale venivo "manipolato", come descrivo a parte nel seguente…

ALLEGATO F :
Mia disavventura con 1'I. V. A. ed  incriminazione.

Svelati dunque a chi legge i due casi (quasi analoghi per "stranezze") dell’I.V.A. e dei quadri, ritengo opportuno - anche se tocco un tasto delicato - tornare per un momento alla persecuzione, in atto nei miei confronti fin da quel primo fermo in Svizzera. E che per un normale cittadino è difficilmente concepibile.

Ne ebbi la prova più tangente, quando un giorno - stavo per concludere la vendita di uno dei miei brevetti più interessanti - venni sequestrato nel garage sottostante i miei uffici e poi tenuto rinchiuso per una settimana presso ignoti, che non mi fu mai possibile vedere. Anche in questa 'Cronistoria' come quando in seguito venni interrogato dalla Polizia, preferisco tacere su quanto mi venne imposto durante quei giorni. M'attengo ancor oggi a quanto mi ordinarono allora i miei sequestratori: ad un assoluto silenzio. Posso comunque aggiungere, che quei medesimi signori mi chiamarono poi altre volte al telefono, impartendomi precisi ordini su come impostare le trattative inerenti la mia scoperta. E di frequente io ed anche conoscenti miei, constatammo che le nostre abitazioni erano state visitate da ignoti.

E non meno curioso fu, dopo il mio sequestro, il comportamento delle Autorità ufficiali : non appena rilasciato, si presentò da me il Capitano dei Carabinieri di Chiari e mi disse che aveva l'ordine di portarmi al Comando di Brescia. Dove già m'attendeva il Colonnello Comandante, presente anche il Capitano Sign. Delfino ed un signore in civile definitomi "Ufficiale dei Servizi”. Prima ch' io aprissi bocca, l’alto Colonnello m'intima brusco… di portargli immediatamente la mia macchina, poiché in caso contrario egli mi avrebbe incriminato di “simulazione di reato”. Ero ancora sconvolto dagli eventi verificatisi la settimana prima, e di fronte alla freddezza di quella pretesa, mi venne l'impulso di scagliarmi contro il Colonnello. Il suo modo di trattarmi m’appariva come la continuazione delle minacce e del ricatto subito durante il sequestro. Per fortuna il Capitano di Chiari mi trattenne. Ed il Colonnello tagliò corto: mi diede 48 ore di tempo per consegnargli la macchina. E dato ch'io non portai nulla, dopo 48 ore venni ufficialmente denunciato per "simulazione di sequestro".

Da lì in avanti non solo avvennero le accennate perquisizioni, ma dovetti avvertire un continuo controllo della mia persona. Per la cui cessazione intervenne poi varie volte anche il ministro Mancini. E quanto alla denuncia sopra precisata, il magistrato archiviò poi il caso con la motivazione : “perché il fatto non sussiste”.

Continuai tuttavia ad essere, sempre e ancora, vittima di altre e simili stranezze. Ne cito una a caso: verso la fine di aprile del 1981 venni convocato presso i Carabinieri di Chiari, i quali mi consegnarono un documento ufficiale indirizzatomi dal Questore di Brescia, il quale m'intimava testualmente : a) "di non più frequentare persone ed ambienti equivoci", b) "di procurarmi finalmente un posto di lavoro, onde poter dimostrare i proventi per vivere".

Che intendeva dire? In base a quali fatti si permetteva di rivolgermi tali intimidazioni? Chiunque a quel tempo poteva facilmente constatare, che non solo la famiglia Pelizza possedeva al centro di Chiari un florido e redditizio negozio, ma eravamo pure proprietari di case, terreni, un capannone, il laboratorio, ecc. Un patrimonio non indifferente insomma, che gl'Inquirenti possono valutare essi stessi, dai relativi dettagli del prossimo "Allegato".

E quanto ai miei conoscenti, diamine: il Sign. ministro Mancini che cos’era, una “persona equivoca”? E la miriade di personaggi politici e governativi che proprio in quel tempo m'era toccato conoscere?

Beh, volendoci pensare con un po' d'umorismo, si potrebbe anche sostenere, che quanto all'”equivocità di quegli ambienti”… il Questore aveva ragione! Non certo però nel consiglio “di procurarmi un posto di lavoro”: proprio in quel periodo – per dare un'idea – possedevo nella Banca dello Stato in Belgio una cassetta di sicurezza, di cui una delle due chiavi la tenevo io, l’altra… il Primo Ministro, Sign. TINDEMANS. Ma lasciamo l’ilarità. Penso, che chi legge questa 'Cronistoria’ si sarà ormai fatto un'idea abbastanza concreta, e su di me e… probabilmente anche sul preciso obiettivo dell'accennata persecuzione.

ALLEGATO G:
Elenco delle proprietà nel 1981.

E veniamo al più dolente capitolo della mia 'Cronistoria’. Quello cioè che, a mio avviso sempre pilotato da' chi esercitava su di me quell'assidua persecuzione, invece che portarmi alla consacrazione del mio lavoro di scopritore, mi rovinò del tutto. Sprofondandomi in un mare di angosce, crisi, vergogne, che qui non intendo descrivere. Che tuttavia risulteranno comprensibili, se chi legge vorrà dare un'occhiata al prossimo "Allegato”, le cui vicende culminarono poi col mandato di cattura, che mi costrinse a lasciare l'Italia.

ALLEGATO H :
Dettagli e circostanze dei ns. fallimenti.

Rivelata a chi legge l’impietosa severità usata nei miei confronti dalle Autorità fallimentari, ci avviciniamo alla fine del presente esposto. Chi s'interessava a me era dunque riuscito a far emettere nei miei confronti un mandato di cattura. Informato in tempo (non preciso qui da chi), il mio iniziale ingenuo impulso fu di chiamare il mio avvocato e presentarmi già prima alle Autorità. La totalità dei miei amici viceversa (anche altolocati) mi convinse che - visto tutto quanto era avvenuto in precedenza -, al momento non avevo alcuna possibilità di difendermi. Era ormai evidente, che non potevo più considerarmi "una persona normale", era in atto contro di me un'organizzata pressione, che si sarebbe solo placata, se io avessi ceduto, mi fossi deciso cioè… a tradire i miei ideali. Di conseguenza, ed intuendo anche perfettamente il ricatto che mi si sarebbe presentato in cella, decisi di partire all’estero.

Vivere in esilio, mi si creda, per un italiano come me (attaccato profondamente al suo Paese) è orrendo. Angoscioso il pensiero dell'insostenibile situazione nella quale ho lasciato la mia famiglia, ridotta quasi ad una squallida miseria. Che fare? Sono innanzitutto uno studioso, amo le riflessioni, i silenzi, sono incapace di chiedere aiuto. D’accordo, nei momenti di maggior sconforto mi vien la tentazione di rivelare a chi me lo chiede (la stampa estera) l'assurdità di quanto m'accade. ma so che pure tale pubblicità non servirebbe nulla. Ed ho pure rifiutato rosee proposte di terminare il mio lavoro in altri Stati (tra cui uno dell'Est). In realtà, non ho mai abbandonato la speranza che qualcuno in Italia insorga, che qualche ns. personalità, in primo luogo il ministro Mancini, intervenissero in mio favore, mi facessero tornare a casa da un giorno all'altro.

Varie volte tale speranza sembrava concretizzarsi, diveniva tangibile, quasi imminente. Già all'inizio del 1983 per esempio, quando consegnai al ministro Mancini, dietro sua richiesta, tutti i "piani di costruzione" della mia macchina. Avevo la sua parola d’onore, che non li avrebbe mostrati a nessuno. E la promessa, che - qualora lui fosse riuscito a comprenderne la funzionalità - entro breve tempo egli m'avrebbe fatto liberare in Italia di tutti i miei problemi (giuridici a finanziari). Gli affidai dunque quei piani e di Il a poco egli mi confermò, che li riteneva validi. Per tale "accordo" m'ero recato varie volte al Consolato italiano di Nizza, nonché nella sua villa privata (sempre a Nizza).

Un paio di mesi più tardi viceversa, invece che tornare in famiglia, che avvenne? .. Inconcepibile: da Trento l'allora esimio Sign. Giudice CARLO PALERMO spiccò nei miei confronti il mandato di cattura internazionale! Motivo? Ah, ora ne ricordo anche l’insensata dicitura: “Per aver fabbricato senza licenza un ordigno micidiale 'raggio della morte'”.

Leo TindemansMa era possibile, per dio? E quella motivazione suonava anche maledettamente da “beffa”: pensare che avrei potuto intascare miliardi, solo che l'avessi davvero considerata "un'arma" la mia invenzione!

Seppure sconcertato e deluso, continuai ad incontrarmi col ministro Mancini. Naturalmente gli chiesi anche varie volte, se non avesse voluto testimoniare in mio favore. Sarebbe bastata una sua spontanea e semplice deposizione, per far cadere all'istante tutte quelle strampalate accuse. Era un “Funzionario dello Stato in carica" lui, e di persona aveva assistito a vari miei esperimenti, conosceva l’importanza della mia invenzione, aveva nel corso degli anni richiesto ed ottenuto dalle ns. Autorità vari permessi speciali, come quando si trattò di esportare la mia macchina in Belgio. E non solo egli prese parte di persona a quelle lunghe ed ufficiali trattative, ma mi garantiva di tenere continuamente al corrente i più alti esponenti del ns. Governo a Roma. Come diavolo dunque mi si poteva incolpare di "segretezza"?

Ed altre inconfutabili prove della mia perfetta buona fede, il Sign. Mancini ne avrebbe un’infinità, come del resto molti altri personaggi. Alla mia, ritengo non sfacciata preghiera tuttavia di testimoniare, tutti scrollano la testa, dicono …"di non poterci fare niente". A questo punto c’è da chiedersi : "Cosa temono, di chi hanno paura?"

E chi legge questi miei pensieri, capirà certamente anche l'altra domanda che mi assilla da anni: "Come mai, se a Roma sono sempre stati informati sullo sviluppo della mia scoperta, non m'hanno mai convocato?" Avranno pure appreso dal ministro Mancini, che già nel 1980 ero riuscito a trasformare la nuova energia in calore, e lo stesso ministro l’aveva definito l' “inizio di una nuova era". Ecco, quello ch’io speravo sempre, era che con esperti designati dal ns. Governo si esaminasse con calma i risultati da me raggiunti e che poi, sempre sotto il controllo dei medesimi esperti, avessi potuto portare a termine in Italia il mio lavoro.

Ci posso ancora sperare?

Si capirà, ch’io non posso attendere in eterno. E che se anche mi si gettasse in carcere, le oscure forze che mi assillano non otterrebbero nulla. Negli ultimi tempi comunque, qui all'estero si è giunti alla convinzione, che nel mio lavoro di ricerca ho ormai raggiunto uno stadio assai vicino alle possibilità di una realizzazione industriale costruttiva ed interessante. Si è di riflesso ritenuto opportuno innanzi tutto far brevettare le varie componenti della macchina. E i miei collaboratori stranieri mi hanno convinto a costituire un' apposita società, cui intestare tali brevetti. In merito ho pure consultato il ministro Mancini, che le ha ritenute "necessarie" le predette iniziative, dicendosi lieto che finalmente si rendesse "pubblica" la mia scoperta. E nei suoi confronti ho pura mantenuta la promessa fattagli fin dall'inizio della nostra collaborazione, e cioè di lasciargli occupare in tale società la carica di Presidente. Come di fatto è poi avvenuto (nel corso del 1984).

La costituzione di tale società ha dato nuova linfa al mio progetto. I soci ed in primo piano il Presidente m'hanno incitato a riprendere il lavoro, a costruire al più presto dunque una nuova macchina. Ed al momento attuale il sign. A. Mancini mi ribadisce che, non appena ciò sarà avvenuto, egli "provvederà a togliermi in Italia tutte le accuse". In tale senso, egli m'ha pure prospettato ed entro pochi giorni… il condono, o meglio la "Grazia" del Presidente Pertini! Che io però, e questo sia ben chiaro, non accetterò mai. O sono colpevole di fronte alle ns. leggi, ed allora voglio espiare regolarmente la mia colpa. Se viceversa non ho "costruito arma da guerra in segreto", com'è mia profonda convinzione e certezza, oso attendermi che le ns. Autorità Giudiziarie m'assolvano ufficialmente e per l’ultima volta – spero – nella strana serie delle mie incriminazioni "per non aver compiuto il fatto".

Un primo passo in tale direzione, è già avvenuto nel maggio scorso e per Voce della Procura della Repubblica di Trento. Finalmente infatti sembrò, che il mio caso si risolvesse nel modo più logico: ricevetti una copia della 'Conclusione', alla quale era giunto lo spett. Pubblico Ministero. Esaminato infatti il mio caso (insieme a quelli del geom. P. e del Colonnello M. Pugliese), per quanto riguarda l'accusa "di aver fabbricato un ordigno micidiale 'raggio della morte''', il P.M. decise di proporre il proscioglimento, "poiché il reato è insussistente". Di tale dichiarazione allego copia. Il Sign. Giudice Carlo Palermo tuttavia - solita stranezza - pare non abbia tenuto in minimo conto il suggerimento del p.m. A fine novembre infatti, così venni informato, egli mi rinviò a giudizio.

Ecco dunque il motivo, per il quale mi son deciso a far scrivere la presente ‘Cronistoria'. Il cuore della macchinaCome accennato all'inizio, essa può servire in vari modi, in primo luogo - come si sarà notato - quale "mia difesa personale". E se verrà sottoposta all'esame delle Autorità Inquirenti, nutro pur sempre la speranza di appartenere ad una Democrazia giusta ed imparziale. Superiore innanzitutto … ai subdoli interessi di "anonimi Servizi".

Ritengo inoltre che - viste le ridicole "disinformazioni" apparse di recente su molti ns. quotidiani e periodici in merito al "fantomatico raggio della morte e relative truffe” (non si sa a danno di chi), la presente mia veritiera e dettagliata precisazione dei fatti risulterà d'interesse e gradita anche agli organi della stampa.

E terminando, ci tengo a ribadire che, nonostante l'intera gamma di peripezie qui accennate, rimane intatto il mio proposito di poter essere utile in qualche maniera al mio Paese. Nel quale vorrei tornare al più presto, e a testa alta, onde ridare ai miei famigliari il buon nome che si sono sempre meritato, quell'agognato sollievo del quale hanno tanto bisogno. Scusandomi per la forse eccessiva lunghezza della presente, colgo l’occasione per porgere a tutti Coloro che hanno avuto la pazienza di seguirmi, i miei migliori auguri per un felice e sereno anno nuovo. Caratterizzato –così spero – e qui mi rivolgo ai miei lnquirenti, da una saggia a lungimirante interpretazione della Giustizia.

In contumacia, 1 gennaio 1985

Rolando Pelizza

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Le previsioni del P.M. si rivelarono esatte e a fine processo Rolando Pelizza venne assolto con formula piena. Un po’ alla volta, inoltre, anche gli altri capi d’accusa (in tutto i mandati di cattura furono quattro) vennero ritirati. Per pura curiosità, le macchine distrutte durante gli esperimenti furono 228. C’è da fare un’altra precisazione: colui che Pelizza si ostinava a chiamare “ministro Antonio Mancini”, altri non era che l’ambasciatore Antonio Mancini. Probabilmente Pelizza lo chiamava “ministro” in quanto il suo grado nel corpo diplomatico, secondo lui, lo rendeva simile ad un ministro. E così lo definiva. L’ambasciatore d’Italia in Libano (quella fu la sua ultima sede) Antonio Mancini, morirà, stroncato da un infarto, nel 1990 nella sua residenza di Naccache, alla periferia di Beirut, alcuni chilometri a nord della linea verde dove in quei giorni infuriavano i combattimenti tra l’esercito di Aoun e le Forze libanesi. Mancini era stato inviato a Beirut nel 1985, poco dopo l’invio della lettera aperta di Pelizza alle autorità italiane.  
L’assoluzione nel processo di Trento non bastò a semplificare la vita di questo insolito personaggio bresciano. Dagli anni Ottanta ad oggi l’esistenza di Pelizza è proseguita in modo piuttosto avventuroso e piena di colpi di scena. In tempi molto più recenti, per esempio, egli contattò anche il governo italiano per offrire nuovamente al suo Paese quanto aveva appreso nel corso della sua frequentazione con il presunto Majorana. Esattamente il 7 maggio 2002 il dottor Bruno Garavello di Verona, fiduciario di Rolando Pelizza, si presentò a Palazzo Chigi, a Roma, per un appuntamento con l’On. Gianni Letta, allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con il governo Berlusconi. All’On. Letta Garavello consegnò una relazione con la storia di Pelizza. Ho verificato personalmente questo episodio, contattando l’On. Letta. Gentilissimo e disponibile, Letta mi ha confermato di aver ricevuto la relazione, di essersi incuriosito e di averne quindi inviato una copia al CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e al Ministero della Pubblica Istruzione e della Ricerca Scientifica, affinché gli esprimessero pareri scritti sull’argomento. Tuttavia, chiarisce lo stesso Letta, non ebbe mai risposte. Per cui, in pratica, la vicenda si arenò nei meandri della burocrazia statale. 
Ancora oggi, a 80 anni suonati, Rolando Pelizza continua una battaglia infinita per affermare la sua verità. Solo che, stanco e avvilito, preferirebbe fermarsi e riscuotere i suoi crediti per poter vivere in santa pace ciò che gli resta della sua tumultuosa esistenza. Ci riuscirà? Chi lo conosce bene, conferma la sua frustrazione. Il segreto che si porta appresso sembra diventato troppo gravoso per le sue sole spalle. Di conseguenza, volente o nolente, la sua storia continua nell’affannosa ricerca di un epilogo che nessuno riesce a intravvedere. E tutto tra il silenzio imbarazzato di chi gestisce il potere e la curiosità della gente, che si domanda, sempre più sconsolata: “Chissà come andrà a finire…”.

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PDF IconLettera di Ettore Majorana a Rolando Pelizza del 7 Dicembre 2001
(Fonte: Majorana-Pelizza.it – © Rolando Pelizza)
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PDF IconLettera Aperta di Rolando Pelizza del 1° Gennaio 1985
(Documento originale © Rolando Pelizza)
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PDF IconCronistoria di Rolando Pelizza del 1° Gennaio 1985
(Documento originale © Rolando Pelizza)
[PDF – 32 KB]

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Caso Majorana – Pelizza:
il console Antonio Mancini era ministro plenipotenziario

(Domenica 26 Aprile 2020)

L'ambasciatore Antonio Mancini nel 1989Non esiste alcun mistero circa l’identità e il ruolo avuto da Antonio Mancini nel caso Majorana – Pelizza. Sono costretto ad intervenire in questa ennesima polemica in quanto alcune persone si ostinano a creare una situazione assolutamente falsa e ingiustificata sulla figura di Antonio Mancini nella vicenda di Rolando Pelizza. Come sempre, chi crea queste vere e proprie bufale non si documenta a dovere e fa confusione non solo sulle circostanze, ma anche sui personaggi. Diciamo subito che Antonio Mancini, membro del Corpo Diplomatico dello Stato, negli anni Settanta era Console d’Italia a Nizza e amico personale di Pelizza. Quest’ultimo usava chiamarlo “ministro” e la cosa è perfettamente spiegabile. Mancini, infatti, era ministro plenipotenziario, che nel diritto internazionale (la denominazione completa è inviato straordinario e ministro plenipotenziario) corrisponde ad un agente diplomatico di rango immediatamente inferiore all’ambasciatore. Qualcuno, tratto in inganno dalla qualifica di “ministro”, è andato a controllare nell’elenco dei vari ministri della Repubblica. E, ovviamente, non lo ha trovato. Addirittura è stato scambiato per un altro Antonio Mancini (1915-1982), funzionario dello Stato, sindaco di Pescara dal 1956 al 1962, eletto deputato all’Aquila per la DC nel 1963, nel 1968 e nel 1972. Un caso di omonimia tra due persone viventi nello stesso periodo, ma assolutamente estranee tra loro.
Antonio Mancini, diventato ambasciatore d’Italia in Libano nel 1985, è morto sabato 3 febbraio 1990 nella sua residenza di Naccache, alla periferia di Beirut Est, stroncato da un infarto. L’anno prima aveva subito un intervento chirurgico al cuore e gli era stato sconsigliato di proseguire nel suo lavoro. Ma aveva voluto continuare, nonostante i continui combattimenti tra l’esercito del generale Aoun e le Forze libanesi.
Se posso permettermi un suggerimento, consiglierei tutti coloro che si ostinano a cercare qualche appiglio per contestare il caso Pelizza, di informarsi bene prima di scrivere idiozie. Io stesso sono critico nei confronti di Pelizza per quanto riguarda la dimensione scientifica della sua macchina, ma mi baso su dati concreti. Invece pare che ultimamente tutta una serie di persone si avventuri a pubblicare stupidate di vario genere, solo per la fissazione di sostenere che il caso Pelizza è tutto un bluff. Mi dispiace per loro, ma non è così. In questa storia ci sono diversi elementi assolutamente reali e dimostrabili, ma altri non lo sono. E’ su quelli che io lavoro. Per cui chi è in cerca di facili scoop, si metta il cuore in pace. La ricerca va fatta seriamente, sempre. Inventarsi notizie false e inconcludenti non serve a niente e nessuno.

RDS

 

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