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Intervista al dottor Gianpiero Gervino, ricercatore
presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino

Il mistero del Codice Majorana

In una lettera del presunto scienziato scomparso si parla chiaramente
di una guida scientifica contenente i principi della fisica
che muoverebbero l’incredibile macchina di Rolando Pelizza.
E adesso spunta l’ipotesi del monopolo magnetico…

di Rino Di Stefano

(RinoDiStefano.com, Pubblicato Lunedì 12 Marzo 2018)

La prima pagina della lettera dove si parla del Codice MajoranaIl Codice, come lo chiama l’autore, consiste in una specie di guida scientifica con i principi della fisica del futuro. Una fisica a noi sconosciuta che, se applicata nella vita reale, potrebbe portare al superamento dell’era dell’energia prodotta da combustibili fossili. Niente più petrolio, né gas, né carbone. Una nuova epoca che, stante l’attuale situazione mondiale, i potentati economici farebbero di tutto per impedire. Il testo del Codice dovrebbe essere di circa 200 pagine, forse qualcosa di più o qualcosa di meno. E dovrebbe contenere, se i documenti in nostro possesso fossero veritieri, anche le istruzioni dettagliate per costruire e collaudare un’incredibile macchina per annichilire la materia trasformandola in energia pura, ma anche riscaldarla, trasmutarla o traslarla in altre dimensioni. Stiamo parlando del Codice Majorana, e cioè della guida che, se fosse vera la storia raccontata da Rolando Pelizza, egli avrebbe ricevuto dallo scienziato scomparso nel nulla il 27 marzo del 1938. Come ormai è noto, Pelizza sostiene che avrebbe conosciuto Majorana in un convento di clausura nel 1958 e ne sarebbe divenuto il discepolo. Per anni, egli afferma, avrebbe seguito gli insegnamenti del grande scienziato e avrebbe appreso da lui le nozioni della nuova fisica. Quello che Pelizza non dice (ma sono davvero tante le cose che egli non vuole rivelare in quanto afferma di essere vincolato da un segreto che per nessuna ragione può divulgare) è che il suo Maestro, come egli lo definisce, gli avrebbe consegnato un Codice da consultare ogni volta che avesse qualche dubbio di carattere tecnico-scientifico. L’unica prova che abbiamo di questa presunta operazione la possiamo trovare nella lettera che Majorana gli avrebbe inviato il 12 Ottobre 1968. In questa missiva, che come le altre è stata pubblicata nel sito www.Majorana-Pelizza.it, tra le altre cose si legge:

“Vai sul codice da pag. 11 a pag. 20, applica ogni singola formula seguendo l’ordine, una per ogni test, e vedrai che, forse, prima di arrivare alla fine, dovresti avere il risultato. Tieni presente (senza usare il tuo intuito) che ad ogni formula aggiunta ci sono X variabili da realizzare. Ripeto, non saltartene neanche una, seguendo il tuo istinto, per accelerare i tempi, perché, invece, potresti allungarli di molto, sai bene il perché”.

Dunque, anche se Pelizza continua a negare tutto quello che potrebbe servire a chiarire razionalmente l’impianto di questa incredibile e controversa storia, ci troveremmo di fronte ad un documento, appunto il Codice Majorana, che spiegherebbe in termini La sezione verticale della macchina di Pelizza in corrispondenza della zona centralescientifici il pensiero di uno dei più grandi scienziati che l’Italia abbia mai avuto nella sua storia millenaria. Dal momento che abbiamo la certezza che questa incredibile macchina sia esistita nel passato (ci sono prove, anche di carattere giudiziario, che ci confermano la presenza di questa tecnologia negli anni Settanta e Novanta del secolo scorso), si dovrebbe supporre che se c’era la macchina, c’era anche il Codice Majorana. Pelizza se lo terrà nascosto da qualche parte, magari nel fondo di un cassetto di chissà quale mobile, Dio solo sa dove. Ma deve pur esserci. Pensiamo per un solo istante, anche in via del tutto ipotetica, che effetto avrebbe la lettura di quel testo se dovesse finire sulle scrivanie di diversi docenti universitari. Ciò che oggi viene definita fantascienza, improvvisamente diventerebbe materia di studio e approfondimento. Con conseguenze del tutto imprevedibili.

Ma lasciamo stare le fantasie e torniamo con i piedi per terra. Visto che non ci è dato sapere quale sia questa insondabile fisica del futuro, cerchiamo di ipotizzare come e perché la macchina di Pelizza, ammesso e non concesso che nel presente esista, possa funzionare. L’unico indizio concreto ci viene dagli studi che Majorana fece negli anni Trenta, poco prima di sparire, sul monopolo magnetico. Infatti, in via del tutto teorica, la potenziale energia della macchina di Pelizza potrebbe trovare una qualche spiegazione scientifica se in qualche modo fosse correlata con le ricerche sul monopolo magnetico.

L’unica prova che abbiamo degli studi di Ettore Majorana su questo argomento ci viene dalla CIA. Si tratta di un estratto scientifico che è stato autorizzato per la declassificazione mercoledì 21 Giugno 2000, con la matricola CIA-RDP86-00513R001238. Il documento originale venne acquisito dalla CIA l’8 Aprile 1964 e il titolo (tradotto dall’inglese) è “Il Monopolo quale parte delle forze di Majorana e la quadruplicazione del nucleo nei nuclei leggeri”. Come ho già scritto in un altro articolo, «A parte la difficile comprensione da parte di chi scienziato non è, è interessante notare che questo Il documento della CIA dove si parla del monopolo di Majoranadocumento faceva parte della Tredicesima Conferenza Annuale di Spettrografia Nucleare tenuta a Kiev, nella Russia di allora, tenuta dal 25 Gennaio al 2 Febbraio 1964. La fonte dell’informazione era il Bollettino dell’Accademia Russa delle Scienze: Fisica, volume 28, numero 2, 1964, pagine 326-336. Tanto per capire di che cosa si parla nel complicatissimo testo, basti pensare che le parole chiave sono: quadruplicazione del nucleo, cluster (aggregazione di mini particelle multiatomiche), shell model (a grandi linee è un modello concettuale di fattori umani inerenti la relazione tra il sistema delle risorse ambientali dell’aviazione e la componente umana nel sistema dell’aviazione stessa), le forze di Majorana, il monopolo di Majorana,  i nuclei leggeri, l’accoppiamento di nuclei, la decay energy (l’energia rilasciata dal decadimento della radioattività), il polonio. Gli autori di questo saggio scientifico sono Neudachin, Orlin e Smirnov. Ripeto: anche tradotto in italiano, il testo risulterebbe comunque incomprensibile per chi non abbia una buona e approfondita conoscenza della fisica. Tuttavia, gli scienziati russi che scrissero quel documento partirono dall’assunto che “nei nuclei leggeri le forze di Majorana sono largamente responsabili per lo specifico effetto di quadruplicare l’aggregazione di mini particelle multiatomiche”.»

Dunque, mentre in Italia si pensava che Majorana non avesse mai approfondito gli studi sul monopolo magnetico, all’estero c’era chi sapeva.

Per avere qualche spiegazione scientifica su questo tema, ci siamo rivolti al dottor Gianpiero Gervino, ricercatore presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino e associato con incarico di ricerca presso la Sezione INFN di Torino, dove è responsabile locale del progetto LUNA, un programma di ricerche sperimentali nell’ambito dell’Astrofisica nucleare, attivo presso i Laboratori nazionali del Gran Sasso. Ovviamente nessuno pretende di dare spiegazioni scientifiche che non si potrebbero comunque fornire, ma è interessante sapere qualcosa di più preciso sul monopolo magnetico.

Il dottor Gianpiero Gervino“Per quanto riguarda il monopolo,  se esistesse conformemente all'ipotesi avanzata da Dirac negli anni Trenta, e successivamente arricchita delle teorie di Hooft e Rubakov (anche se prevedono delle modifiche rispetto all'idea originaria), – spiega Gervino, che tra l’altro è autore e co-autore di circa 220 articoli su riviste scientifiche internazionali – una particella che possa essere denominata monopolo magnetico avrebbe ipoteticamente la capacità, interagendo con altre particelle, di trasformarle nelle loro anti-particelle.  In altre parole, se un monopolo magnetico interagisse con un elettrone, potrebbe trasformarlo in positrone (elettrone positivo,  anti-particella dell'elettrone).  Questo, con qualche difficoltà in più a causa della sua struttura complessa, potrebbe avvenire anche se l'interazione fosse tra monopolo magnetico e protone, ovvero il protone si trasformerebbe in antiprotone con carica negativa. In questo modo una macchina che fosse in grado di produrre un fascio di monopoli magnetici, innescherebbe attraverso la reazione monopoli-materia la produzione di antimateria,  che a sua volta interagirebbe con la materia ordinaria circostante, dando vita ad annichilazioni e dunque alla creazione di energia.  Al Gran Sasso tra gli anni Novanta e i primi anni del Duemila è stato attivo un esperimento chiamato MACRO, dedicato a scoprire se tra i raggi cosmici ci fosse qualche monopolo magnetico (non solo questo, ma anche), benché prevedibilmente molto raro.  Dopo anni di misure, nessun monopolo magnetico è stato trovato sui raggi cosmici che hanno colpito MACRO negli anni del suo funzionamento; un evento di questo genere è stato pertanto catalogato come molto, ma molto improbabile, almeno con le caratteristiche delle teorie attualmente conosciute. Dal punto di vista dell'energia, qualcuno ha proposto anni fa, non ricordo chi e quando, la creazione di un motore ad annichilazione materia-antimateria per i viaggi intergalattici delle astronavi: sarebbe stato il motore a più elevata potenza e minor ingombro possibile (rispetto alla tecnologia attuale), ma purtroppo pericolosissimo per l'equipaggio dell'astronave”.

Dunque, sempre per via ipotetica, qualora ci fosse una macchina in grado di generare un fascio di monopoli magnetici (concetto del tutto impossibile e impensabile sulla base delle attuali conoscenze scientifiche) si potrebbe spiegare l’esistenza di un raggio in grado di annichilire la materia.

E qui spunta un altro problema. Secondo Pelizza, le annichilazioni che sarebbero provocate dalla sua macchina, non genererebbero i letali raggi gamma che, per quanto ne sappiamo, sono sempre presenti nei casi di annichilazione. Può esserci una spiegazione scientifica a questo fenomeno?

Il Politecnico di MilanoL'annichilazione materia-antimateria può avvenire anche attraverso altri canali, che prevedono la presenza di altre particelle e non solo raggi gamma – spiega il dottor Gervino – In pratica, ogni volta che  materia e antimateria si incontrano creano dell'energia pura la quale, attraverso la famosa formula E=mc², può istantaneamente condensare nella massa di altre particelle,rispettando le leggi di conservazione dell'energia, del momento angolare, numero barionico  e leptonico.  Negli anni Ottanta al CERN di Ginevra è stato costruito un acceleratore specifico per gli antiprotoni,  il LEAR, in cui si studiava la loro interazione con la materia (non solo con i protoni,  ma anche con nuclei di elio, ecc.) e si è visto che l'energia liberata dall'interazione antiprotone-nucleo, si rivelava soprattutto con la creazione di un'emissione di pioni, che sono delle particelle instabili, ma facilmente misurabili. La foto di una di queste interazioni è stata usata come copertina del libro di Leo Lederman "La particella di Dio", foto fatta da un esperimento italo-russo di cui facevo parte.”

Dunque, tutto sta ad analizzare il tipo di annichilazione di cui si parla. Piuttosto, sulla base di eventuali grandi scoperte che potrebbero stravolgere le attuali conoscenze, il mondo scientifico sarebbe pronto ad accoglierle?

“Una scoperta rivoluzionaria – afferma Gervino – viene accettata con la forza della sua evidenza, più è evidente l'effetto e più è riproducibile, meno problemi avrà per essere accettato. La situazione più probabile, comunque, non è negare un effetto sperimentale riproducibile e osservabile, ma non condividerne la spiegazione: a meno di un evento chiarissimo e inequivocabile, che è raro, dalle stesse osservazioni si possono trarre conclusioni diverse, anche non contrastanti, ma diverse, le quali finiscono per essere selezionate con il tempo e con il progredire della conoscenza. E' raro che di fronte a qualcosa di completamente nuovo ci sia subito unanimità, più probabile il sorgere di varie correnti di pensiero contrapposte, che daranno vita ad una dialettica accademica. Talvolta le differenze sono risibili e su dettagli, ma il mondo accademico vive queste contrapposizioni, che danno visibilità.  Si pensi, ad esempio, al caso dei neutrini più veloci della luce: benché fosse una cosa negata dalla teoria (frutto di un errore sperimentale), c'è stato un ampio dibattito e controlli, la cosa non è stata insabbiata e i protagonisti non sono stati banditi”.

Qual è, allora, il processo che potrebbe essere accettabile perché certe scoperte possano essere verificate e accettate?

L'Università "La Sapienza" di Roma (Foto: da Wikipedia, autore Góngora)“Due principalmente: essere certificate (ovvero essere state viste da un gruppo di ricerca stimato, oppure da due gruppi indipendenti) che esistono, e poi essere riproducibili almeno parzialmente (quando la conoscenza è scarsa, un'alta riproducibilità è difficile perché non si conoscono tutte le condizioni necessarie, ma almeno ci devono essere chiari indizi dell'effetto asserito, indizi riscontrabili da gruppi indipendenti interessati alla ricerca).”

Resta da domandarsi quale iter una qualunque scoperta scientifica di un certo rilievo dovrebbe seguire per essere verificata, esaminata ed eventualmente giudicata. Esiste un qualche ente internazionale preposto a questo genere di attività?

“A questa domanda ho parzialmente risposto con la risposta precedente – specifica Gervino – A completamento, aggiungo che un nuovo effetto viene accettato (o confutato) quando è pubblicato su una rivista scientifica riconosciuta,  ovvero che abbia un coefficiente ISEE che ne attesti il ruolo nel mondo accademico-scientifico e che risponda  a determinate condizioni di trasparenza e serietà. Esistono sullo stesso argomento sempre più di una rivista (talvolta molte più di una) e spesso in concorrenza tra loro, quindi la probabilità di una censura preventiva è piuttosto bassa.  Ma le riviste hanno prestigio diverso: una ricerca pubblicata su Nature ha un'immediata visibilità e autorità, piuttosto che qualcosa pubblicato sugli Atti dell'Accademia delle Scienze di Modena. Perciò essere rifiutati da una rivista importante (è capitato anche a Fermi con l'articolo che gli ha poi fruttato il premio Nobel) rende la vita più difficile,  soprattutto dà minore risonanza e allunga i tempi della consacrazione.  Diverso il caso di effetti che danno risultati dubbi… qui si rischiano anni di limbo prima che altri gruppi investano soldi e tempo, e le loro strumentazioni, per aiutare a risolvere il rebus scientifico.  Una rivista importante genera interesse e curiosità in misura maggiore di una semi sconosciuta.  Ma ci vogliono conferme da parte di gruppi indipendenti. Al CERN ogni misura è fatta da almeno due gruppi in competizione che usano lo stesso fascio di particelle e che quindi si controllano nei risultati. I controlli sono i risultati ottenuti da un gruppo indipendente, più è prestigioso il gruppo che fa la verifica, più si avrà consacrazione o affossamento…”.

Rolando PelizzaQuesta è scienza. Se la misteriosa macchina di Pelizza non verrà sottoposta al processo richiesto dal mondo accademico, resterà soltanto una curiosità. Facciamo un esempio di come ci si dovrebbe comportare per portare questa scoperta alla luce del mondo. Pelizza potrebbe scegliere i dipartimenti di Fisica di due università e affidare ad ognuno di loro una macchina e una copia del Codice Majorana. Prendiamo due università a caso, o quasi: il Politecnico di Milano e la Sapienza di Roma. Non sto parlando a vanvera: docenti di entrambi questi atenei hanno già avuto a che fare con la storia della macchina di Pelizza. Ebbene, se i due gruppi universitari fossero in grado di svolgere ogni possibile prova su quella tecnologia, e avere la possibilità di studiarsi bene il Codice, i risultati scientifici non potrebbero mancare.

Vediamo però quest’operazione da un altro punto di vista, quello socio-politico. Mettiamo, per pura ipotesi, che i docenti di Milano e Roma in effetti accertassero che quella macchina fosse davvero capace di annichilire la materia, riscaldarla, trasmutarla, traslarla in altre dimensioni. Che effetto avrebbero questi risultati sulla nostra società? Chi mai sarebbe in grado di gestirli? E che conseguenze potrebbero avere sull’economia mondiale, visto che ancora oggi per qualche pozzo di petrolio scoppiano guerre infinite? Assume dunque un senso quanto racconta lo stesso Pelizza che sostiene, senza però portare prove di alcun genere, che ci sarebbe una potenza economica mondiale che gestisce da decenni la sua macchina e che non vuole, per nessuna ragione, che la notizia venga resa pubblica. Questi signori, dice sempre Pelizza, sarebbero disposti a fare qualunque cosa per impedirgli ogni tentativo di rendere noto il funzionamento della sua macchina. Insomma, il pericolo sarebbe talmente macroscopico che a 80 anni suonati il buon Rolando non si sente più in animo di rischiare la sua vita e quella dei suoi cari. Così, a fronte dell’assenza ingiustificata di qualunque autorità pubblica che ignora volutamente il problema, questa storia si avvia a diventare sempre più un mito senza fine di cui si continuerà a parlare nel futuro, ma con un velo di rassegnazione e senza alcun clamore. Il segreto resterà, come sempre, nell’intimità delle quattro mura di certi ambienti.

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PDF IconLettera di Ettore Majorana a Rolando Pelizza del 12 Ottobre 1968
(Fonte originale: Majorana-Pelizza.it – © Rolando Pelizza)
[PDF – 552 KB]

PDF IconIl documento declassificato della CIA dove si parla del monopolo di Majorana
[PDF – 32 KB]

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