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(La Liguria, Pubblicato Domenica 1 Dicembre 2002)
Tra circa un anno, quando gli esami clinici verranno completati, Genova potrebbe
essere scippata del più illustre dei suoi figli: Cristoforo Colombo.
Entro il 2003, infatti, la Spagna annuncerà al mondo quale fosse la reale
nazionalità di Colombo basandosi sull'esame del Dna tratto dai suoi resti
mortali. Gli spagnoli infatti non hanno mai voluto accettare l'idea che il più
grande Navigatore di tutti i tempi, colui che scoprendo il continente americano
ha cambiato la storia della vecchia Europa, non sia stato uno di loro. In effetti
è innegabile che lo stesso Colombo abbia causato diversi dubbi sulla
sua vera identità non fornendo mai alcun dettaglio sulla sua nascita
e sulla sua famiglia d'origine. Tuttavia anni di ricerche storiche in Italia
e nel mondo (basti pensare alle opere di Samuel Eliot Morison e di Paolo Emilio
Taviani, ma una bibliografia su Colombo riempirebbe decine e decine di pagine)
hanno ormai dato per certo che quel marinaio così lungimirante da ipotizzare
una nuova via per collegare l'Occidente con l'Oriente ("Buscar el Levante
per el Ponente") altri non fosse che il genovese Cristoforo Colombo, figlio
del tessitore Domenico e di Susanna Fontanarossa.
Del resto, anche se l'interessato non aveva alcun desiderio di far conoscere
i propri trascorsi popolani, già ai suoi tempi tutti sapevano che era
italiano e genovese in particolare. Nel 1504, ad esempio, mentre Colombo era
ancora in vita visto che morì a Valladolid il 20 maggio del 1506, lo
scrittore portoghese Rui de Pina nel suo "Chrònica d'El Rey don
Juan II" nel capitolo 66 intitolato "Descobrimento das Ilhas de Castella
per Collombo" parla espressamente di "Christovan Collombo italiano".
E in Spagna le notizie non erano davvero diverse. Nel 1516 Hernando Alonso de
Herrera scrivendo una dissertazione anti-aristotelica a Salamanca, pubblicata
in latino e in spagnolo, parla inequivocabilmente di "Xristoval Colòn
ginovés".
Senza contare che nel 1485 lo stesso Colombo
presentò il suo progetto di traversata atlantica al doge-cardinale-ammiraglio
Paolo Fregoso ricevendone un rifiuto in quanto duecento anni prima, ed esattamente
nel 1291, il Comune di Genova aveva finanziato la spedizione di Tedisio D'Oria
e dei fratelli Ugolino e Vadino Vivaldi che con due galee del tipo dromone greca
(Allegranza e Sant'Antonio) partirono con 300 marinai per non far mai più
ritorno. Colombo provò a spiegare al doge che quelle navi, lunghe 50
metri e con circa 150 vogatori l'una, non potevano affrontare l'Oceano in quanto
avevano la chiglia piatta. Ma il doge fu irremovibile, Genova perse la sua grande
occasione e Colombo se ne tornò in Spagna.
La figura del grande navigatore è comunque troppo ambita per non creare
rivendicazioni tanto inopportune quanto prive di fondamento. Ed ecco allora
che due insegnanti spagnoli si sono fatti venire la fregola di riscrivere la
storia sostenendo che, grazie al progresso scientifico, si può ricavare
il Dna dai resti di Colombo e dimostrare quindi la sua "vera" origine
di nobile spagnolo. Poco importa se ai suoi tempi Colombo veniva chiamato con
sufficienza lo "estranjero" e se il re Ferdinando, che non lo poteva
soffrire, lo ha tenuto sulla corda per sei anni cedendo solo per le insistenze
della moglie, la regina Isabella, che in quella folle impresa marinara vedeva
un futuro sfolgorante per la Spagna.
Per Marcial Castro, professore di storia in un liceo nei pressi di Siviglia,
e per il suo collega Sergio Algarrada, professore di biologia in un liceo di
Estepa, Cristoforo Colombo sarebbe invece nato nel 1460 a Felanitx, nell'isola
di Maiorca, da Margalida Colon e dal principe Carlos de Viana, confinato lì
dal padre Ferdinando d'Aragona, re di Spagna.
Altro che figlio di un povero tessitore genovese e di una popolana di Quinto
che mai più si sarebbe immaginata di essere un giorno defraudata del
frutto del suo ventre da una nobildonna spagnola.
Comunque
sia, ai due docenti è bastato lanciare l'idea della riesumazione dei
resti di Colombo per trovare un valido appoggio nel governo dell'Andalusia che
si è subito attivato sponsorizzando il programma "Cristoforo Colombo:
la rivelazione dell'enigma". "Il mio cuore è così contento
che rischia di saltar fuori dal petto - ha subito esultato il professor Castro
che, tra l'altro, nel tempo libero si occupa di genealogia e ha già pubblicato
alcuni libri su importanti personaggi storici - . Del resto, anche se scopriamo
che i resti non erano suoi, non importa; perché la sua tomba sarebbe
comunque importante come un cenotafio in suo onore. Non dovrebbe esserci alcuna
difficoltà a riesumare i resti. Dopotutto, questa è un'operazione
che nel passato è stata compiuta ben nove volte". La novità,
secondo Castro, consiste nel fatto che i resti di Colombo, di suo figlio Diego
e dei suoi fratelli Diego e Bartolomeo possono essere confrontati con quelli
dell'altro figlio di Colombo, Hernando, la cui tomba si trova nella cattedrale
di Siviglia e non è mai stata aperta.
Anche Anunciada Colon de Carvajal, storica e diretta discendente dell'Ammiraglio,
si dice d'accordo sul progetto, anche se ritiene che i veri resti del suo grande
antenato siano quelli conservati nella cattedrale di Siviglia in quanto "è
impossibile che gli spagnoli nel 1898 si siano sbagliati a prelevare le ossa
da Santo Domingo visto che si trovavano direttamente sotto l'altare".
Un simile e ambizioso
progetto non poteva essere svolto senza un adeguato appoggio scientifico, per
cui i due insegnanti hanno cercato un aiuto specifico trovandolo nella persona
del professor José Antonio Lorente, direttore del Laboratorio di Identificazione
Genetica dell'Università di Granata. La prima esumazione, racconta il
professor Lorente, è stata eseguita il 17 settembre quando è stata
recuperata l'urna con le ossa di Diego Colombo, fratello minore di Cristoforo,
sacerdote e partecipante al secondo viaggio verso quelle che allora erano considerate
le Indie. L'urna di zinco con le ossa in un primo tempo era custodita presso
la fabbrica di ceramiche Cartuja-Pickman, a Siviglia, poi è stata trasferita
a Santiponce, sempre a Siviglia, dove è stata aperta. "Dopo le analisi
cliniche – dice Lorente - dovremo confrontare i risultati con quelli che
otterremo esaminando i resti dello stesso Cristoforo e del figlio Hernando.
Questa seconda esumazione è prevista tra febbraio e aprile del 2003 e
i risultati non si avranno prima di quattro mesi in quanto dovrò utilizzare
l'aiuto di uno o due laboratori di livello internazionale. In questo circostanza,
però, potrebbe esserci qualche problema".
Il perché di questa eventuale difficoltà è presto spiegato.
Prima di morire Colombo aveva chiesto di riposare per sempre nella terra che
aveva scoperto e, per la precisione, nell'isola di Hispaniola, oggi divisa tra
Haiti e la Repubblica Domenicana. In quel periodo, però, in quei territori
non vi era una chiesa in grado di ospitare una tomba come quella, per cui il
corpo del grande Scopritore provvisoriamente venne inumato in un monastero di
Valladolid per essere poi spostato, tre anni più tardi, nella cappella
di famiglia presso il monastero Cartusiano dell'isola di La Cartuja, a Siviglia.
Fu solo in un secondo tempo, nel 1537, dopo la scomparsa del primogenito Diego
Colombo Muniz, duca di Veragua e Grande di Spagna, che la di lui vedova Maria
de Royas y Toledo decise di trasferire i resti del marito e del suocero nelle
Indie occidentali dove vennero sepolti proprio a Hispaniola, oggi Santo Domingo.
Tra
mille vicissitudini (compresa la devastazione fatta nel 1586 dal corsaro inglese
sir Francis Drake) quelle due tombe restarono al loro posto fino al 1795, e
cioè l'anno in cui la Spagna cedette l'isola alla Francia. Per evitare
che la "loro" gloria nazionale finisse in mani sacrileghe, gli spagnoli
trasferirono i resti all'Havana, nell'isola di Cuba, ma anche in questo caso
il riposo non doveva durare a lungo. Infatti nel 1898, con la perdita dell'ultima
colonia che la Spagna manteneva nel Nuovo Mondo, ancora una volta le ossa furono
caricate su una nave e trasportate a Siviglia dove venne allestita una tomba
monumentale nella cattedrale locale.
Il problema nasce dal fatto che dieci anni prima dell'ultimo trasloco, e precisamente
il 10 settembre del 1877, un gruppo di operai che stava lavorando nella cattedrale
di Santo Domingo ha trovato un'urna di piombo con la seguente iscrizione: "Ilustrisimo
y distinguido varòn, Don Cristòbal Colòn". All'interno
vi erano contenute 13 ossa grandi, 28 piccole e una pallottola di piombo.
Ovviamente quell'urna restò a Santo Domingo, dove si trova tuttora. A
quel tempo, però, la scoperta suscitò molta perplessità
nelle autorità locali e nel nunzio apostolico che ipotizzarono subito
un errore da parte degli spagnoli i quali si sarebbero portati via le ossa del
figlio Diego lasciando al loro posto quelle dello Scopritore.
Dove sono allora i resti di Cristoforo Colombo? Secondo Carlos Doval, storico
domenicano, è probabile che le ossa del Navigatore siano distribuite
fra Siviglia e Santo Domingo: un 40 per cento in Spagna e un 40 per cento nell'isola
dei Caraibi. Il restante 20 per cento si sarebbe invece perso per strada.
La difficoltà, dunque, starà
nel distinguere le ossa di Colombo da quelle del figlio Diego o anche da quelle
dei fratelli Diego e Bartolomeo (quest'ultimo era un geografo e suo compagno
di avventure nel Nuovo Mondo).
La burocrazia, comunque, potrebbe mettere qualche paletto soprattutto a Santo
Domingo dove il presidente Hipolito Mejia e le autorità religiose non
hanno ancora deciso se rilasciare o meno l'autorizzazione per l'esumazione.
Anche se Francisca Espinel, console della Repubblica Domenicana a Siviglia,
ha espresso la sua personale convinzione che il suo Paese concederà il
permesso richiesto in quanto "è sicuro che i resti conservati a
Santo Domingo siano quelli autentici".
In questo caso il professor Lorente dovrebbe poter estrarre le ossa dall'urna
metallica che si trova alla base dell'imponente monumento a forma di croce chiamato
"Faro a Colon". "Comunque sia, noi non abbiamo alcun pregiudizio
su questa ricerca – sottolinea Luis Yaport, direttore dell'ente che sovrintende
il monumento domenicano – Se davvero si può provare che questi
sono i resti mortali di Cristoforo Colombo, o che non lo sono, sarebbe in ogni
modo meraviglioso".
Ma a distanza di cinquecento anni sarà poi così semplice trovare
il Dna dell'individuo cui appartenevano quelle ossa?
"No, non sarà affatto semplice – conferma Lorente –
Anzi, si può dire che per noi sarà una prova quanto mai impegnativa.
Ma in ogni caso non sarebbe la prima volta che facciamo esami di questo tipo.
Tanto per citare un esempio recente, siamo riusciti a trovare la connessione
genetica tra le ossa di un nobiluomo spagnolo e di sua madre. Ed entrambi erano
vissuti più o meno all'epoca di Colombo".
Già nella prima esumazione,
quella dei resti del fratello Diego, Lorente e i suoi collaboratori hanno dovuto
constatare che il tempo di danni ne fa e parecchi. Infatti quando l'urna di
zinco è stata aperta sotto i riflettori delle telecamere, gli esperti
hanno identificato una scapola, diverse costole e altri frammenti di ossa completamente
sommersi dall'acqua filtrata per la troppa umidità.
Il punto più controverso di questa ricerca resta comunque il tentativo
di dimostrare che il buon Cristoforo, nonostante la sua storia personale e i
fratelli, fosse spagnolo di nascita.
"La tesi maiorchina –
spiega il professor Lorente – sostiene che i fratelli Colon avevano la
stessa madre e padre differente. Cristobal, se questo fosse vero, sarebbe stato
figlio del principe Viana, e quindi parente dei re cattolici. Così Cristobal
avrebbe lo stesso Dna mitocondriale di suo fratello e diverso cromosoma Y".
A quel punto Lorente dovrebbe confrontare il Dna di Colombo con quello dei resti
del principe Viana e vedere se collimano. In quel caso, ed è questa la
tesi che portano avanti i due insegnanti autori di tanto clamore, si verrebbe
a scoprire che quel Cristobal sarebbe stato nientemeno che il nipote di sangue
del re Ferdinando. Con tanti saluti al tessitore Domenico e a sua moglie Susanna,
in quel di Genova.
Eppure, nonostante tutta questa incredibile commedia degli equivoci, le polemiche
su Colombo non mancano neppure in patria. Basti pensare a quelli che lo hanno
definito un "marrano", e cioè un ebreo convertito, originario
del Piacentino e al soldo del papa-ebreo genovese Innocenzo VIII.
Illazioni a parte, entro il 2003 aspettiamoci qualche sorpresa dalla Spagna.
Come dice il professor Castro, il risultato della ricerca "potrebbe cambiare
la recente storiografia". Non per nulla, nella squadra che sta portando
avanti il progetto è stato cooptato anche il fratello del professor Lorente,
l'avvocato Miguel Lorente Acosta, che in qualità di legale ha tutta l'intenzione
di far valere i diritti dei suoi conterranei nell'eventualità della scoperta
di un Colombo spagnolo. L'unica garanzia è che la serietà e il
prestigio accademico del professor Lorente, conosciuto in tutto il mondo, dovrebbero
assicurare la più assoluta imparzialità di giudizio. "Le
origini di Colombo devono essere interpretate da uno storico, e io non lo sono
– chiarisce Lorente – Secondo alcune teorie che mi sono state spiegate,
se noi riusciamo a ottenere tutti i tipi di Dna che ci occorrono, in un certo
numero di casi si potrebbe ottenere la conferma di alcune teorie sulle sue origini.
Ma è ancora troppo presto per dirlo…".
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