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DAL NOSTRO LETTORE SPECIALE
(Il Giornale, Pubblicato Martedì 1 Luglio 2008)
La
storia d'amore tra Humphrey Bogart e Lauren Bacal iniziò sul set
del film “To Have and Have Not” (“Avere e non avere”)
del 1944. Durante le riprese del film, l'attrice disse la battuta : “Se
mi vuoi, fammi un fischio”. Per dimostrarle il suo affetto, l'attore
le regalò un fischietto d'oro sul quale fece incidere quella battuta
firmandola “Bogie”, il nomignolo con cui era conosciuto nel mondo
intero. E si sposarono. Lauren Bacal portò quel fischietto al collo per
tutta la vita. Nel 1957, quando il marito morì di cancro e venne cremato,
nell'urna dove posero le sue ceneri, l'attrice volle inserire un
fischietto d'oro con la scritta: “Se hai bisogno di qualcosa, fammi
un fischio”.
Questo piccolo spaccato di una storia d'amore eterna tra due star del cinema
mondiale, appartiene al libro “Accadde a Hollywood – Notizie, curiosità e aneddoti
del mondo del cinema” di Peter Hay, liberamente tradotto da Filippo Castelli
e pubblicato dall'editrice Le Mani, Microart's Edizioni, di Recco. Infatti non
tutte le case editrici liguri parlano di eventi inerenti la loro regione. È
il caso di Le Mani, i cui ultimi libri spaziano dal cinema alla musica, affrontando
temi che comunque appartengono all'immaginario collettivo, senza frontiera alcuna.
Le storie e storielle che si leggono in questo interessante volume, offrono
uno spaccato assai singolare di quello che è stato, ed è tuttora, l'ambiente
di Hollywood. Cinico, crudele, qualche volta divertente, ma sempre legato a
doppia mandata al mondo del profitto, la fabbrica di mostri del cinema riesce
sempre in qualche modo a stupire. È il caso di quanto accadde nel 1946 durante
la ripresa del film “The Adventuress” (“Le Avventuriere”) nell'Isola di Man.
Tutte le mattine l'intero cast veniva portato sul set da un autista del posto
che guidava una vecchia automobile. Non appena si trovava nei pressi di un ponticello,
l'uomo chiedeva a tutti di pronunciare un saluto di buon auspicio che, a suo
avviso, doveva servire a tenere lontano le disgrazie. Era una specie di gioco
cui soprattutto gli attori, notoriamente superstiziosi, si prestavano di buon
grado. Ma Deborah Kerr un giorno si rifiutò. “È una sciocchezza – disse – non
intendo farlo”. Sentendo quelle parole, l'autista bloccò subito la macchina
e si rifiutò di passare sul ponte. Rimasero fermi per più di un'ora e nel frattempo
cominciò a piovere di brutto. Il regista e il produttore pregarono allora la
Kerr di rispettare la tradizione, altrimenti non si sarebbero mossi da lì. Alla
fine, visto che la pioggia aumentava e potevano esserci dei problemi, la Kerr
si convinse e pronunciò la frase di rito. Allora, come per incanto, le nuvole
si diradarono, smise di piovere, tornò il sole e l'autista superò il ponticello.
Un altro aneddoto carino riguarda il famoso comico Groucho Marx. In abiti da
lavoro e senza i soliti baffi finti, Marx stava falciando l'erba del suo giardino,
quando si fermò una macchina lussuosa e da un finestrino una donna gli domandò:
“Buon uomo, quanto prende per falciare l'erba?”. Il comico, senza pensarci due
volte, le rispose: “La signora che vive in questa casa, la sera mi lascia andare
a letto con lei”. La donna, inorridita, riavviò l'auto e se ne andò.
Ai limiti del paranormale è invece il racconto che Sir Alec Guiness fa nelle
sue memorie “Blessings in Disguise” (“Benedizioni nel Mascheramento”, inteso
nel senso di celare i sentimenti). Il grande attore, nominato baronetto da Sua
Maestà Britannica, nell'autunno del 1955 volò a Los Angeles da Copenaghen per
le riprese del suo primo filma americano, “The Swan” (“Il Cigno”), con Grace
Kelly e Louis Jordan. Arrivò dopo 16 ore, stanco e affamato. Doveva incontrarsi
con la scrittrice Thelma Moss, che voleva portarlo fuori a cena. Tuttavia, forse
per l'ora tarda, non riuscirono a trovare un ristorante che li accogliesse.
Alla fine approdarono in una trattoria italiana, ma anche lì non c'era più posto.
Stavano per andarsene, quando un giovane in blue jeans li raggiunse offrendo
loro di sedersi al suo tavolo. “Mi chiamo James Dean”, si presentò. E socializzarono.
Alla fine della cena, colui che passerà alla storia del cinema come il simbolo
della gioventù bruciata degli anni Cinquanta, li accompagnò nel parcheggio.
Lì, avvolta nel cellophane e con un grande nastro, c'era una splendida auto
sportiva color argento. “Mi è stata appena consegnata”, spiegò ai suoi ospiti.
E aggiunse che era in grado di fare i 200 chilometri orari, in un paese che
vietava di superare i 90 all'ora. A quel punto, forse per la stanchezza e comunque
per un irresistibile desiderio di comunicare una sensazione, Alec Guiness si
rivolse a Dean e gli disse: “La prego, non salga su quella macchina. Se lo farà,
morirà entro la prossima settimana”. Il giovane si mise a ridere e gli rispose
di non essere così tragico. Erano le 22 di venerdì 23 settembre 1955. Il venerdì
successivo a quell'incontro, James Dean morì schiantandosi proprio su quell'auto
ad una curva. Fu l'inizio di una leggenda e del rimorso che accompagnò Alec
Guiness per tutta la vita.
“Accadde a Hollywood – Notizie, curiosità e anedotti dal mondo del cinema” di Peter Hay (Traduzione di Filippo Castelli), Le Mani – Microart's Edizioni, 2008, pp. 179, ISBN 9788880124900, €12,00.
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