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DAL NOSTRO LETTORE SPECIALE
(Il Giornale, Pubblicato Martedì 24 Giugno 2008)
Quando proprio doveva parlare in latino, era solito dire: “Silentium et archivia
prima instrumenta regni”. Che, tradotto in volgare italiano, significa “il silenzio
e una completa documentazione su tutto, sono i primi strumenti per poter governare”.
Messo alle strette, confessava che l'antico proverbio nella lingua di Cicerone,
non citava affatto il “silentium”. Il silenzio lo aveva aggiunto lui, nel senso
che parlava il meno possibile e quando apriva bocca lo faceva a ragion veduta,
senza sprecare nemmeno una parola. Anche perché, come recita quell'altro adagio
ebraico: “Lo stolto dice tutto ciò che sa, il saggio sa ciò che dice”.
No, non stiamo parlando di Andreotti, anche perché è ancora vivo e gli dedicano
pure dei film. Il personaggio cui si deve l'allocuzione latina è invece un pezzo
integrante della storia di Genova, un uomo il cui spessore culturale e internazionale
ha segnato davvero un'epoca: il cardinale Giuseppe Siri (1906-1989). Ed è a
lui, alla sua figura religiosa e politica, che Benny Lai e Annamaria Scavo hanno
dedicato il loro libro “Giuseppe Siri - Le sue immagini, le sue parole” (De
Ferrari Editore), facendone un ritratto quanto mai ispirato alla realtà delle
cose. Infatti, l'intero libro non è altro che la trascrizione dei dialoghi che
Lai ha avuto con Siri negli ultimi anni della sua vita. Dialoghi che sono stati
registrati e adesso ci vengono proposti nella forma di un volume estremamente
interessante sia per i contenuti, che per le numerose fotografie che lo corredano.
Il quadro che ne emerge è quello che lo stesso Siri voleva fosse trasmesso ai
posteri. Alcune cose, quindi, per quanto importanti, non vengono nemmeno citate.
Ma la lettura è davvero istruttiva. Anche perché si può vedere, eccezionale
esempio di vera democrazia, come quest'uomo, figlio di un portinaio, arrivò
a condizionare lo scenario mondiale con la sua intelligenza e con il suo inflessibile
comportamento. Per quanto riguarda il temperamento, basta ricordare quell'episodio
del 1945 quando dovette mettersi d'accordo con i partigiani per far arrivare
generi alimentari di prima necessità a Genova, città ormai affamata, da Piemonte
e Lombardia. I partigiani volevano bloccare il trasporto delle derrate, per
cui si fece una riunione a Rocchetta Ligure. Ad un certo punto, un partigiano
disse a Siri che le popolazioni dovevano rifugiarsi sui monti, come facevano
loro. “Nella mia perorazione mi scaldai, davanti a tanta asineria, fino a perdere
del tutto il lume della ragione (l'unica volta in vita mia) – racconta Siri
– Vomitai tutte le parolacce che avevo sentito da bambino nei vicoli di Genova
e mai avevo usato, parlai col linguaggio dei facchini e (non si offendano!)
dei portuali, ebbi sulle labbra tutti gli improperi e gli insulti e tutto feci
di un solo fiato per più di mezz'ora, senza accorgermi affatto che stavo parlando
un linguaggio poco adatto alla mia condizione di vescovo…però vinsi”.
Questo era Siri. Lo stesso Siri che salvò Genova dalla distruzione pianificata
dalle truppe tedesche, che riceveva delegazioni di operai e di imprenditori,
che condizionava i governi, che consigliava la politica mondiale a diversi Pontefici.
E qui è necessario aprire una piccola parentesi su un episodio che non è citato
nel libro, ma che è stato reso pubblico negli Stati Uniti il 28 febbraio del
1994 grazie alla legge del Freedom of Information Act. Secondo il rapporto segreto
“Cardinal Siri” compilato dal Federal Bureau of Investigation (FBI) in data
10 aprile 1961, durante il conclave che si tenne a Roma il 26 ottobre 1958,
Siri venne eletto papa col nome di Gregorio XVII. A rivelarlo è stato il libro
“The Vatican Exposed: Money, Murder, and the Mafia” del giornalista investigativo
Paul L. Williams, pubblicato negli Stati Uniti dalla Prometheus Book. Secondo
il rapporto dell'FBI, Siri fu costretto a rinunciare al Sacro Soglio in quanto
la sua elezione “avrebbe causato disordini e l'assassinio di diversi vescovi
dietro la Cortina di Ferro”. In altri termini, la Russia aveva fatto sapere
che questo è quanto sarebbe accaduto se Siri fosse diventato Papa. E lui rinunciò
a favore del cardinale Roncalli, che il terzo giorno del conclave ebbe la nomina.
Non sembra dunque casuale che il giudizio sul nuovo Papa Giovanni XXIII sia
in qualche modo un po' contenuto. “Roncalli – dice Siri nel libro – era un uomo
retto, un sant'uomo, un uomo di Dio. Ma non aveva davanti il prospetto di tutto:
passi falsi non ne ha fatti, però non era un uomo incallito nella curia romana”.
Ma come mai i russi ce l'avevano tanto con Siri? “Perché sanno benissimo – risponde
l'interessato – che io sono il più grande nemico del comunismo, ma sanno che
le cose le ragiono, le penso. Bisogna essere onesti con tutti…”.
Del resto Siri non nascondeva affatto la sua avversione ad un'eventuale ascesa
della sinistra al governo in Italia. È illuminante, a questo proposito, il
dialogo che un giorno ebbe con Paolo VI. “Guardi – gli aveva detto – comunque
succeda, mi troverò sempre sulla sponda avversa”.
Significativi i giudizi che dava su certi politici. Ambiguo quello su Aldo Moro,
colui che diventerà la vittima più illustre delle Brigate Rosse. “Moro – afferma
Siri – era un tipo strano: parlare con lui ti dava l'impressione di dare un
pugno in un materasso di cui non si tocca il fondo”. Ammirato quello su Alcide
De Gasperi. “De Gasperi era un vero politico, e come tale aveva la veduta lunga
– sostiene il Cardinale – L'ho conosciuto bene, era un grande uomo. Sentiva
che se avesse tentato di schiacciare i comunisti, li avrebbe favoriti”. E poi
racconta di come parlò con l'allora presidente Giovanni Gronchi per impedire
che Amintore Fanfani diventasse Presidente del Consiglio.
Sarà pure un caso, ma nel libro non si parla affatto di Andreotti.
Lusinghiero, invece, il parere su colui che durante gli anni di Siri era già
un illustre teologo: Joseph Ratzinger. “Quello che apprezzo di più è il teologo
Ratzinger – dice Siri – Ringrazio Dio che sia entrato nel Sacro Collegio e sia
a capo dell'ufficio più importante della Santa Sede. Siamo buoni amici, diciamo
le stesse cose, molte io le ho dette prima di lui”. Oggi, queste parole, suonano
quasi come una profezia.
“Giuseppe Siri – Le sue immagini, le sue parole” di Benny Lai e Annamaria Scavo, De Ferrari Editore, 2008, pp. 171, ISBN 9788871729688, €14,00.
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