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DAL NOSTRO LETTORE SPECIALE
(Il Giornale, Pubblicato Mercoledì 7 Maggio 2008)
Non
è vero che la Resistenza fosse un movimento popolare costituito esclusivamente
da comunisti che combattevano il fascismo. È vero invece che le unità
partigiane, nate dopo la vergognosa pagina storica dell'8 settembre 1943, erano
costituite da disertori e giovani renitenti alla leva fondamentalmente apolitici
e accomunati dall'unico desiderio di contrastare l'alleanza tra fascisti e nazisti.
A questi, in un secondo tempo, si aggregarono militanti di tutti i partiti politici.
Non è vero, come dice la storiografia ufficiale, che in Liguria i nuclei
“ribelli” si riunirono per la prima volta in Val Cichero sotto la
guida dei dirigenti del Partito Comunista. È vero invece che il movimento
partigiano nacque in località Sanguinara, in alta Val Bisagno, tra Maxena
di Bargagli e Pannesi di Lumarzo, dove nell'ottobre del 1943 l'ex
tenente del regio esercito Aldo Gastaldi, cattolico ed anticomunista, nome di
battaglia “Bisagno”, riunì attorno a sé un gruppo
di sbandati che costituirono il primo nucleo armato che si oppose alle forze
militari nazi-fasciste.
E non è vero, infine, che il giallo del mostro di Bargagli fosse l'insana
strage di chissà quale serial killer. È vero invece che le 27
vittime di quella mattanza furono la conseguenza di una lunga serie di delitti
compiuti da una banda di criminali che, definendosi partigiani, desideravano
coprire il frutto di una rapina multimiliardaria (in lire) compiuta ai danni
di una colonna tedesca in ritirata. Ma solo una parte di quel denaro finì
nelle tasche degli autori della rapina: la maggior parte del bottino venne incamerato
dal Partito Comunista che, proprio per quel motivo, anche negli anni a venire
difese sempre quei criminali strillando ai quattro venti che accusandoli si
voleva colpire la Resistenza. È stata proprio questa strumentalizzazione
del movimento partigiano che ha permesso ai comunisti di dichiarare la Resistenza
un fatto esclusivamente privato, facendo passare un clamoroso falso storico
come verità assoluta.
Di tutto questo, e di molte altre cose ancora, parla il libro “L'ultima
missione” di Eugenio Ghilarducci (Microart's Edizioni), nel quale
per la prima volta viene raccontato ciò che realmente accadde dopo l'8
settembre tra i boschi delle alture genovesi. Ghilarducci, storico e ricercatore
genovese che da trent'anni vive a Bargagli, fu il primo in Italia a pubblicare
nel 1984 articoli sulla resa delle forze nazi-fasciste (oltre settemila soldati)
il 27 aprile del 1945 ai militari nippo-americani della divisione “Buffalo”
e ai partigiani di “Giustizia e Libertà” nel bosco della
Tecosa, presso Bargagli. Gli altri, i partigiani comunisti delle formazioni
garibaldine, vennero allontanati dagli americani in malo modo in quanto pretendevano
che i tedeschi dovessero arrendersi a loro. Eppure i comunisti si riscrissero
la storia a proprio uso e consumo facendo credere, con la complicità
silenziosa dei governi democristiani del tempo che non volevano accentuare lo
scontro con il Pci di Togliatti, di essere stati loro e solo loro i protagonisti
di quegli avvenimenti.
Come si legge nel libro, ad un certo punto lo stesso Ghilarducci si recò
dal ministro dell'Interno Paolo Emilio Taviani, ex comandante partigiano
col nome di “Pittaluga”, per chiedergli di far chiarezza una volta
per tutte sulla menzognera propaganda comunista di quegli anni. Ma Taviani,
ben conscio della tensione politica
che c'era allora in Italia, gli rispose: “Non è il momento
opportuno”. E infatti in quel periodo non si parlava neanche della strage
delle foibe o del vergognoso destino degli esuli fiumani. Il pericolo comunista
era tanto forte da frenare anche le coscienze.
Ma la storia ogni tanto si prende delle rivincite. E adesso Ghilarducci, citando
nomi, cognomi, date e località racconta tutto anche perché, come
ci tiene a specificare, ha voluto mantenere una promessa fatta a molti ex partigiani
ed ex militari della Repubblica di Salò e della Wermacht.
E così viene fuori che quel giorno del ‘45, nel bosco della Tecosa,
i tedeschi stavano trasportando qualcosa come oltre 120 milioni di lire dell'epoca
(una vera fortuna rapportata ai valori odierni) in banconote, oro e gioielli.
Fu lo stesso tesoro, rapinato da “ignoti”, che diede il via ai delitti
di Bargagli e che permise al Pci di darsi quella megastruttura che lo fece fiorire
in terra ligure. In quel momento iniziò l'operazione “c'eravamo
solo noi” nella Resistenza, durata fino ai nostri giorni. Ma la verità,
alla fine, è venuta a galla.
“L'ultima missione” di Eugenio Ghilarducci, Microart's Edizioni, 2007, pp. 168, ISBN 8880123963, €12,00.
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