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Scoppia la bolla dellEuro:
l'Italia in ginocchio
per troppa disuguaglianza

La povertà tocca livelli mai visti prima
mentre in pochi si arricchiscono a dismisura

di Rino Di Stefano

(RinoDiStefano.com, pubblicato Domenica 23 Dicembre 2012)

E alla fine la bolla è scoppiata. Naturalmente stanno tutti zitti. L'ordine è tassativo: vietato parlarne a qualsiasi livello! Non c'è giornale, televisione o radio che sia abilitato a spiegare come stanno le cose. In particolare, quale sia la vera origine di tutto questo disastro economico. Nessuno deve azzardarsi a chiarire agli italiani che cosa stia realmente succedendo. Che, cioè, la bolla speculativa sull'Euro è scoppiata, con disastrosi effetti economici e sociali, e ora non si sa più come uscirne. Di tanto in tanto, l'unica informazione che riesce a superare la cortina del silenzio è quella relativa a qualche indice Istat, che viene pubblicato a scadenze fisse. In questi giorni, ad esempio, abbiamo saputo che nel 2011 l'11,1% delle famiglie, pari a 8 milioni 173 mila persone, è relativamente povero. Mentre il 5,2%, cioè 3 milioni 415 mila persone, è povero in termini assoluti. Sempre secondo l'Istat, la soglia di povertà relativa, per una famiglia di due componenti, è pari a 1.011,3 Euro. Se si pensa che quasi la metà delle pensioni erogate dall'Inps ha un importo inferiore ai 500 Euro, si può comprendere quale sia la realtà economica di questo Paese. Mercoledì 19 dicembre 2012, ad esempio, nella puntata di "Porta a porta" sulla crisi economica, l'argomento Euro è stato solo sfiorato. Come se la sua introduzione non avesse comportato alcun cambiamento nella vita degli italiani.
Ma che cosa si intende per "bolla speculativa sull'Euro"? E perché nessuno ne parla? La situazione, nella sua semplicità, è persino disarmante. Vale la pena di ripetere cose già dette. Come ormai tutti sappiamo, nel 2002, quando venne introdotto l'Euro, il valore fissato rispetto alla vecchia lira era di 1936,27 lire. Fin da subito, però fu chiaro che qualcuno intendeva guadagnare su quel rapporto. Cominciò qualche commerciante disonesto che, approfittando dell'assoluta inerzia del governo nazionale, portò i prezzi al dettaglio ad un conguaglio pari a 1 Euro = mille lire. Il paio di scarpe che prima pagavi 100 mila lire, dopo lo pagavi 100 euro. Il doppio. A ruota vennero i ristoranti: dove prima pagavi 40 mila lire, dopo pagavi 40 Euro. Il doppio. Era l'inizio di un criminale taglio al potere d'acquisto degli italiani, visto che stipendi e pensioni erano stati tradotti secondo il valore ufficiale. E tali, tra l'altro, sono rimasti. Ci fu qualcuno che, timidamente, fece osservare all'allora premier in carica, Silvio Berlusconi, che i prezzi stavano pericolosamente raddoppiando. Ricordo che il cavaliere rispose: "Il mio governo non interferirà mai nel libero mercato". E' così, infatti, che chiamava la truffa sull'Euro: libero mercato. Ovviamente non dispose alcun obbligo del doppio prezzo per le merci in vendita, né ritenne di mandare la Guardia di Finanza a far visita a coloro che stavano portando avanti quell'ignobile imbroglio. Naturalmente nessuno, neanche dai banchi dell'opposizione, ritenne di dover intervenire. Troppo appetitoso si presentava il business nazionale: raddoppiare i prezzi, lasciando invariato il costo del lavoro. Si potevano guadagnare cifre enormi, senza colpo ferire. Tanto, nessuno avrebbe mai controllato. Pensate al settore immobiliare, per esempio. Raddoppiare il prezzo delle case da un giorno all'altro. E che dire, poi, dei beni di consumo, dai più piccoli ai più grandi. Vendere le automobili ad un prezzo superiore al loro valore, pagando le maestranze esattamente come prima. Un affare veramente enorme. Tanto a pagare sarebbero stati gli italiani. Quando poi il governo Berlusconi ha aumentato le tariffe pubbliche (vedi costi dei servizi postali), è stato evidente che la truffa era avallata dall'alto.
Ed è così che è iniziata la bolla speculativa sull'Euro. Non importa se, di per sé, la moneta unica europea era una grande cosa per l'intero continente. Anche se, come sostengono fior di economisti, bisogna valutare se l'Italia sia veramente in grado di sostenere quel programma di lacrime e sangue necessario per sostenere l'Euro anche da noi. A prescindere dagli obblighi europei, però, il discorso era un altro, cioè permettere di sfruttare l'occasione per arricchirsi sempre di più. Era evidente che questo passaggio di denaro avrebbe provocato una sacca di povertà senza precedenti. Ma, si sa, gli italiani pensano decisamente più all'oggi immediato che al futuro. Per cui gli speculatori sapevano benissimo che, quando l'imbroglio sarebbe stato scoperto ufficialmente, ammesso che qualcuno avesse mai avuto l'interesse a farlo, ormai sarebbe stato troppo tardi. Tanto nessun giornale ne avrebbe mai parlato. A chi appartiene la stampa in Italia? Chi, se non i cosiddetti "poteri forti", avrebbe potuto usufruire del grande imbroglio? Né, del resto, i politici avrebbero mai permesso alle televisioni pubbliche di denunciare la truffa sull'Euro. Prima di tutto perché, ovviamente, ne erano complici. Poi, c'era la motivazione europea. Parlare di una truffa sull'Euro, significava in qualche modo mettere la moneta unica sul banco degli imputati. A ben vedere, l'Euro in sé non lo meritava. Sono i truffatori che avrebbero dovuto fare quella fine. Ma, ormai, non si poteva più identificarli: erano stati troppi e in ogni campo.
Era comunque evidente che questo andazzo non poteva durare a lungo. Tutti sapevano che, prima o poi, la gente non ce l'avrebbe più fatta. Se stipendi e pensioni rimanevano gli stessi, com'è accaduto, era logico che entro un certo lasso di tempo il giocattolo della truffa si sarebbe rotto. Ad aggravare la situazione, nel 2008 è intervenuta anche la crisi mondiale, cioè l'imprevisto. Nel 2002, quando l'Euro è entrato nelle nostre vite, gli speculatori non sapevano ancora che un interminabile periodo di recessione mondiale avrebbe investito anche l'Italia, con effetti devastanti. Erano ben coscienti che, grazie al silenzio delle forze di sinistra, i loro affari sarebbero andati avanti per un bel pezzo. Quando, però, la crisi economica si è presentata in tutta la sua gravità, allora è stato chiaro che si sarebbe arrivati quanto prima al "si salvi chi può". Ed è quello che stiamo vivendo adesso. Non per nulla, i grandi capitali sono già fuggiti all'estero. Intanto, i consumi sono calati a vista d'occhio, i negozi chiudono, le case non si vendono più e le banche non concedono né mutui, né prestiti. Il tutto, a fronte di un carico fiscale che arriva al 55% per i cittadini e al 68% per le imprese.
La classe politica, in questi giorni, è quanto mai preoccupata. Secondo voi, da che cosa nasce uno spettacolo come quello che Rai 1 ha trasmesso lunedì 17 dicembre 2012, in prima serata? Avvalendosi dell'eccelsa maestria di Roberto Benigni, "La più bella del mondo" ha voluto mostrare a tutti quanto è buona la nostra Costituzione. Ma non solo: ci ha anche ricordato che siamo tutti italiani, che dobbiamo esserne orgogliosi e che, in sostanza, è un dovere stare tutti assieme e lavorare per questo nostro, grande Paese. Inoltre, ben sapendo che ormai gli italiani odiano la politica e chi la Una catena di montaggioesercita, il buon Benigni ha cercato di convincere i suoi spettatori che occuparsi della res publica è un dovere imprescindibile. "La politica bisogna amarla", ha detto. La verità, però, è quanto mai evidente. La paura che la gente si rivolti, che scenda in piazza e che denunci di non poterne più, che non ce la faccia a vivere in questo modo, terrorizza i politici. Perché mai come adesso è stato evidente che gli italiani hanno subìto la più grande truffa della loro storia e che, guardare per credere, non c'è nessuno che sappia proporre una soluzione valida.
Se si vuole verificare quale sia la realtà di questo Paese, si dovrebbe leggere il libro "Ricchi e poveri" della giornalista Nunzia Penelope (Editore Ponte delle Grazie, 265 pagine, 13,50 Euro). Già in copertina si annuncia che il 10% degli italiani possiede metà della ricchezza nazionale, mentre il 90% si divide quel resta. La Penelope paragona l'Italia ad un condominio. In cima, nei piani alti, vivono 240 mila famiglie, l'1,1% delle famiglie italiane, pari a circa 600 mila persone. Costoro possiedono un patrimonio di poco meno di 5 milioni di Euro a testa. Sotto, nell'attico, troviamo 2 milioni e mezzo di famiglie (pari a circa 6.250.000 persone) con un tesoretto di circa un milione e 700 mila Euro a cranio. Scendendo, arriviamo al piano nobile e qui troviamo 9 milioni e 600 mila famiglie, pari a circa 24 milioni di persone. Il patrimonio, in questo caso, è di circa 400 mila Euro a testa. Arriviamo quindi al piano terra, dove si affollano 12 milioni di famiglie più povere, con un patrimonio medio di 72 mila euro a testa. E finiamo nel sottoscala dove, dice la Penelope, "annaspano i veramente poveri: 3.200.000 famiglie (circa 8 milioni di persone) che non hanno nemmeno quella cifra minima ritenuta indispensabile per la sopravvivenza, 1011,3 Euro al mese". E' finita qui? Neanche per idea. Adesso andiamo a dare un'occhiata al marciapiede, dove "1 milione e 400 mila famiglie poverissime , in totale tre milioni e mezzo di persone, che non solo non arrivano a 1000 Euro, ma nemmeno a 500: la miseria nera, che costringe a frequentare i dormitori pubblici, a scegliere le mense di carità". Risultato: abbiamo persone che possono spendere 10.000 Euro al giorno e diversi milioni di altre che non riescono nemmeno a mangiare. E' l'apoteosi della diseguaglianza sociale, la fine di quella classe media che da sempre ha costituito il nerbo di ogni democrazia parlamentare.
Questa è l'Italia di oggi. Questa è l'Italia che un nutrito gruppo di affaristi senza scrupoli, presenti trasversalmente in tutti i partiti dell'arco costituzionale, ha voluto per fare i propri, sporchi interessi. E molti di loro si sono arricchiti a spese dei tanti che, da un giorno all'altro, hanno visto crollare il loro piccolo mondo di stentata sopravvivenza. Adesso la classe politica teme, a ragione, che questi milioni di persone un bel giorno possano dire "Basta!!!". E' per questo che ogni tanto, nei telegiornali e sui quotidiani, appaiono servizi nei quali ci consigliano di usare gli scarti alimentari per prepararci qualche "buon piatto", oppure ci dicono quanto sia bello barattare, visto che in tanti non possono neppure sognarsi di comprare qualcosa. Mentre fanno finta di ignorare il fiorire di tutti quei negozi di "Compro oro", sorti per togliere anche l'ultima parvenza di proprietà al popolo tricolore. Vogliono abituarci a vivere da pezzenti, sostenendo che il futuro è questo. Ma quanto potrà durare? Quanto tempo dovrà ancora passare prima che qualcuno, rendendosi conto di non avere più nulla da perdere, deciderà di scendere in piazza? Perché prima o poi succederà, se non si pone subito rimedio. E avverrà quando questi milioni di individui si renderanno conto che nessun governo li vuole o li può aiutare. Benigni è bravo e fa ridere, ma troppa gente in Italia non ha più né la forza né la voglia di un sorriso. Buon Natale…

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