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DAL NOSTRO LETTORE SPECIALE
(Il Giornale, Pubblicato Giovedì 10 Gennaio 2008)
Da
sempre nel corso dei secoli autori di ogni nazionalità si sono sbizzarriti
nel voler confezionare addosso al più grande navigatore di tutti i tempi,
Cristoforo Colombo, un'identità diversa dalla sua. Fu egli stesso, nello
scrivere il suo testamento olografo, ad affermare senza alcuna possibilità
di dubbio di essere "nato a Genova". E suo figlio Fernando, scrivendo
a sua volta le "Historie", disse senza tante perifrasi che suo padre
nacque a Genova anche se a contendersi l'onore di avergli dato i natali sono
centri dell'area genovese come Quinto, Nervi, Bogliasco e Cogoleto.
D'altra parte, e anche questo è incontestabile, già ai suoi
tempi Colombo era conosciuto e pubblicamente citato come "genovese".
Senza poi citare gli studi di Paolo Emilio Taviani e i documenti originali trovati
dal professor Aldo Agosto nell'Archivio di Stato di Genova.
Basta questo, però, per chiarire una volta e per tutte l'origine
di colui che ha traghettato l'Europa dal Medio Evo all'Era Moderna?
Chiaramente no. Troppo ambito è l'obiettivo di mettere in un angolo
la storia degli storici per rimpiazzarla con le ipotesi più o meno grossolane
di giornalisti in vena di scoop epocali o di dilettanti di storiografia che
vorrebbero acquisire un qualche merito accademico sostenendo che il Navigatore
per eccellenza sia nato nel loro Paese.
A metà tra gli uni e gli altri, nel senso che è tanto un giornalista
quanto un professore universitario, si pone José Rodrigues Dos Santos,
43 anni, portoghese nato in Mozambico, il quale l'anno scorso ha pubblicato
in Italia per la Vertigo Edizioni srl di Roma, il thriller "Il Codice
632". Si tratta in effetti del libro "Codex 632" pubblicato
nel 2005 in Portogallo dalla casa editrice Gradiva e poi tradotto da Valentina
Nardi in italiano. Ormai, dopo l'exploit mondiale di Dan Brown con "Il
Codice da Vinci", in libreria è tutto un fiorire di Codici di ogni
genere. E il libro di Dos Santos non si distacca affatto da questo genere. Tuttavia
il nostro non fa parte dei millantatori o dei romanzieri dell'ultima ora.
Professore all'Università Nova di Lisbona, per due volte è
stato direttore dell'Informazione della Televisione Pubblica portoghese
e al suo attivo appaiono quattro saggi e quattro romanzi tradotti in diverse
lingue. Senza dimenticare i premi giornalistici ottenuti, tra i quali tre della
prestigiosa CNN. Non solo: fedele al detto che "se vuoi dire qualcosa
di vero oggi è meglio scrivere un romanzo altrimenti non ti crede nessuno",
Dos Santos premette nella seconda di copertina che il suo libro "è
basato su documenti storici autentici". Insomma, schiacciando l'occhiolino
al lettore, il nostro è come se dicesse "è un romanzo, ma
tutto basato sulla verità dei fatti".
Perché, allora si domanda l'Autore, il Grande Navigatore nel corso
della sua vita si fece chiamare in molti modi, ma mai Colombo? Perché,
se era di modeste origini, si sposò un'aristocratica portoghese
come Donna Filipa? E come mai, sostiene sempre Dos Santos, "la sua firma
cabalistica include la principale preghiera giudaica, rinnega Cristo e dice
‘cancellate il mio nomè "? A prescindere dalle eventuali
risposte che si potrebbero fornire a queste domande, il tutto ci porta nel contesto
di un romanzo dove si racconta la storia di un professore universitario, Tomàs
Noronha, il quale da un giorno all'altro si trova immischiato nella ricerca
di un misterioso documento (appunto il Codice 632) per conto della American
History Foundation di New York, un'organizzazione no profit che però
nasconde un fine molto segreto: è stata fondata da italiani (che assomigliano
molto ai mafiosi) e si muove per evitare che qualcuno possa dimostrare, ma guarda
un po', che Colombo non fosse italiano. Il professor Tomàs si presta
perché, avendo una figlia mongoloide che ha bisogno di un'operazione
molto costosa, Margarida, ha bisogno di contanti e subito. Per cui duemila dollari
a settimana più le spese pagate, oltre a mezzo milione di dollari a lavoro
finito, gli sembrarono un'offerta da non poter rifiutare. Solo che non
sapeva ciò che John Savigliano, ambiguo presidente dell'American
History Foundation, aveva in serbo per lui. Come, per esempio, una incredibilmente
procace e disinibita studentessa svedese che aveva il compito di sedurlo per
tenerlo sotto controllo. Storia che finirà per avere conseguenze nel
suo rapporto con la moglie Constança. Insomma, il buon Tomàs si
mette alla ricerca del documento nascosto dal defunto professor Toscano, anche
lui italiano affiliato alla cosca degli psuedo storici. Non voglio aggiungere
altro perché rovinerei al lettore l'emozione della lettura, tuttavia
alcune considerazioni mi sembrano doverose. Prima di tutto il professor José
Rodrigues Dos Santos pesca a piene mani nel folclore italo-mafioso accusando
i conterranei di Colombo di voler nascondere a ogni costo, compreso il crimine
più efferato, la presunta non italianità di Colombo. Secondo,
l'invenzione letteraria di un fantomatico documento che rivelerebbe chissà
quale verità sul Grande Navigatore, anche se contrabbandata in un romanzo,
non regge comunque alla prova dei fatti. Premesso questo, il libro è
gradevole, ben scritto e conserva la necessaria suspense che un thriller deve
avere per definirsi tale. Ma la storia è un'altra cosa…
"Il Codice 632", Josè Rodrigues Dos Santos, Vertigo Edizioni srl, Roma, 2007, pp. 549, ISBN 9788862060004, €18,50.
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