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Intervista con l'ingegner H. Molenaar, direttore del primo scalo marittimo del mondo
(Corriere Mercantile, Pubblicato Venerdì 30 Maggio 1980)
Dal nostro inviato
a Rotterdam
Rino Di Stefano
Le
strutture portuali del più grande scalo marittimo del mondo sono lunghe 37.915
metri. In tutto quasi 38 chilometri di banchine, approdi e moli che si estendono
su uno specchio d'acqua di 2,148 ettari.
Lo spettacolo, anche per chi come un genovese è da sempre abituato al mare,
è impressionante. Le navi vanno e vengono fermandosi giusto il tempo per scaricare
(un'ora di ritardo è considerata una grave mancanza).
Il movimento del trasporto merci è frenetico: treni e Tir vengono caricati secondo
una precisa tabella di marcia che, secondo J. P. Diefenbach, direttore delle
pubbliche relazioni del porto di Rotterdam, viene sempre rispettata al minuto.
I risultati parlano da soli: nel 1979 nell'Europorto c'è stato un traffico di
293,1 milioni di tonnellate di merce con un aumento dell'l1,2% rispetto ai 263,5
del 1978.
Nella sala riunioni del palazzo dove hanno sede gli uffici amministrativi (l'equivalente
olandese del nostro palazzo S. Giorgio, sede del Cap), l'ingegner H. Molenaar,
direttore del porto di Rotterdam, ci spiega il motivo di questa continua evoluzione.
«Il nostro scopo - spiega Molenaar - è quello di fare in modo che il nostro
scalo sia sempre all'altezza dei tempi in merito ai cambiamenti che avvengono
di volta in volta nel settore dei trasporti marittimi. Dal 1970 ad oggi abbiamo
speso in media 150 mila fiorini (63 miliardi di lire) all'anno per investimenti
in ammodernamenti. Per i prossimi 15 anni pensiamo di portare questa cifra a
200 mila fiorini (84 miliardi di lire) all'anno.
Il motivo c'è. La crisi dell'energia modificherà parzialmente il trasporto marittimo
a favore del carbone. Se noi non ci preparassimo adesso a questo prossimo quanto
certo futuro, rischieremmo di perdere buona parte del traffico negli anni a
venire. è per questo motivo che i nostri esperti seguono con interesse
l'evoluzione del commercio e dell'economia mondiale: per preparare un programma
di massima che ci faccia essere competitivi in questo settore.
La nostra intenzione non è quella di essere il primo porto del mondo in assoluto:
ciò comporterebbe responsabilità che non vogliamo assumere. Desideriamo invece
essere i primi per quanto riguarda il carbone. Inoltre la terra si può dividere
in tre zone di influenza: Europa, Asia e America. A noi interessa solo l'Europa».
Nell'Europorto lavorano 13.250 persone, mentre altre 25 mila si occupano principalmente
dei trasporti. La posizione geografica del porto, indovinata sia per quello
che concerne il trasporto via mare che quello via fiume (il Renoè navigabile per circa mille chilometri facendo di Rotterdam il porto di chiamata
per 200 mila imbarcazioni fluviali all'anno), ha favorito un naturale sviluppo
della conseguente attività commerciale.
Sullo sbocco sul Mare del Nord esisteva il problema della profondità del canale
di entrata per le super petroliere. Per consentirne l'accesso in porto, le autorità
portuali hanno fatto allargare la sede naturale per un tratto di 12 chilometri,
profondo 23 metri e largo circa 600 metri. Si pensa inoltre di aumentare ulteriormente
la profondità e portarla a 25 metri.
Uno dei maggiori problemi dell'Europorto è quello della sicurezza della navigazione.
«Spendiamo milioni di fiorini tutti gli anni solo per rendere sempre più sofisticato
il nostro sistema di controllo sul traffico marittimo - spiega Molenaar -. I
nostri radar, la cui installazione risale al 1936, funzionano 24 ore al giorno
e sono sistemati su tutto il percorso del porto. A sua volta il centro operativo
è collegato ad un computer che è in grado di preventivare anche eventuali collisioni.
In questo modo la sicurezza della navigazione è assicurata al massimo livello».
Quello che più è ammirevole nell'organizzazione del lavoro non solo nell'Europorto,
ma anche in Olanda in generale, è l'amore per l'efficienza. A questo riguardo
vengono accantonate anche eventuali divergenze politiche.
«Il nostro porto è amministrato direttamente dal Comune di Rotterdam la cui
Giunta attualmente è di sinistra - spiega il «public relations man» Diefenbach
-. Il direttore, invece, l'ingegner Molenaar, è notoriamente un uomo di destra.
Nonostante questo, vista la notevole capacità manageriale dell'ingegner Molenaar,
al Comune nessuno pensa di boicottarlo». ‘
Questa fiducia nella «bravura» dei dirigenti è stata spesso ripagata. Ne è una
prova ciò che accadde nella metà degli anni Sessanta
con F. Posthuma, allora direttore del porto. Posthuma si recò in visita negli
Stati Uniti dove vide i primi containers, allora usati solo marginalmente. A
Posthurna bastò poco per rendersi conto che il futuro del trasporto di grandi
quantità di merci varie era proprio nei containers e, tornato a Rotterdam, fece
in modo che le strutture si adeguassero al nuovo tipo di traffico che di lì
a poco si sarebbe sviluppato.
I fatti gli diedero ragione. Nel 1967 da Rotterdam passarono circa 25 mila containers.
Nel ‘71 la cifra. si quadruplicò. Oggi si parla di un milione e 100 mila
containers all'anno.
Tradizionalmente la visita al porto di Rotterdam si conclude con un giro in
battello. Trattandosi di un giro quasi turistico si potrebbe pensare che in
20 - 30 minuti si possa essere di ritorno. Invece gli olandesi le cose amano
farle per bene e una volta che si è imbarcati sul battello, il porto bisogna
proprio vederlo tutto. E così comincia un giro di quasi due ore durante le quali
un compito marinaio in uniforme serve pure Campari e patatine ai passeggeri.
Tra navi, chiatte e pontoni ciò che più attira l'attenzione sono gli enormi
bacini galleggianti. Diefenbach spiega che a Rotterdam ce ne sono 25 la cui
capacità è mobile, cioè si adeguano alla nave che devono ospitare. Di massima
arrivano a sostenere 960 mila tonnellate, cioè un tipo di nave che chiaramente
non esiste. «Non si sa mai cosa il futuro può portare - dice Diefenbach -. Abbiamo
voluto essere previdenti».
Per quanto un raffronto con Genova non sia possibile né in ordine quantitativo
né in ordine gestionale, chiediamo comunque al direttore dell'Europorto cosa
ne pensa del nostro scalo e, secondo lui, che futuro avrà nel Mediterraneo.
«Ritengo che tutti i porti siano come sorelle - afferma diplomaticamente Molenaar
-. E in una famiglia non sta bene parlar male dei propri congiunti. Tuttavia
noi vogliamo bene alle nostre sorelle, in particolar modo se faranno quello
che vogliamo noi».
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