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Gli USA che nessuno conosce:
un paese di miseria e povertà

L’analisi cruda e realistica dell’inviata Giovanna Pancheri
di SkyTG24 nel suo ultimo libro “Rinascita Americana”

di Rino Di Stefano

(RinoDiStefano.com, Pubblicato Sabato 3 Aprile 2021)

Copertina del libro “RINASCITA AMERICANA – La nazione di Donald Trump e la sfida di Joe Biden” di Giovanna PancheriGli Stati Uniti d’America hanno due diversi impatti sul mondo del giornalismo italiano. In generale, ancora oggi persiste il mito americano del Grande Paese che domina il mondo; una nazione dove chiunque, contando solo sulle proprie forze e sul proprio talento, può realizzare il “sogno americano” e diventare ricco e potente. Nella realtà non è così, ma è per questo che i giornalisti italiani si dividono in due categorie. Nella prima ci sono coloro che, pur non conoscendo bene l’inglese e non avendo alcuna dimestichezza con il mondo americano, magari frequentano un seminario o partecipano a un qualunque convegno da qualche parte negli States e, tornando in Italia, ne danno il massimo rilievo per farsi credere “esperti” di vita americana. Ce ne sono diversi che praticano questo giochino. Del secondo gruppo, invece, fanno parte coloro che hanno lavorato a lungo in terra americana, oppure vi hanno anche studiato, e non ne coltivano affatto il mito. Sono quelli che sanno come si vive laggiù, come si ragiona e quali sono i problemi che si devono affrontare se si conduce la propria esistenza in mezzo a loro. E’ a questo secondo gruppo che appartiene Giovanna Pancheri, giornalista professionista e inviata di Sky Tg24, che per quattro anni, dal 2016 al 2020, è stata corrispondente dagli USA per la sua rete televisiva.

Quattro anni di varie e grandi esperienze, di avventure e disavventure che alla fine ha concentrato nel libro “RINASCITA AMERICANA – La nazione di Donald Trump e la sfida di Joe Biden”, edito dalla Società Editrice Milanese. Come spesso accade, dopo una lunga e fruttuosa esperienza professionale a livello europeo, la Pancheri si è ritrovata catapultata in una terra della quale conosceva il mito, ma non la realtà di tutti i giorni. E quello che ha imparato strada facendo ha contribuito a formare la sua opinione sull’America di Trump, durante la sua presidenza. Prendiamo, ad esempio, la pandemia da Covid che sta devastando il mondo intero. Il 22 e 30 gennaio 2020 Trump annunciava agli americani che il virus cinese “era assolutamente sotto controllo”, “non intaccherà gli Stati Uniti” (2 febbraio 2020), e che “come è arrivato se ne andrà via” (28 febbraio 2020). Per la cronaca, questa sottovalutazione del problema sanitario ha portato negli Stati Uniti a 30,3 milioni di casi con oltre 549 mila decessi, e cioè il Paese più colpito al mondo dalla pandemia. Tanto per comprendere l’entità del problema, basti pensare che durante la Seconda Guerra Mondiale gli USA hanno avuto 405.399 vittime tra civili e militari.

La giornalista di SkyTG24 Giovanna PancheriMa la scoperta più eclatante per una giornalista italiana ed europea come la Pancheri è stata la povertà che domina in tantissimi territori americani. L’esempio che porta è quello di Beattyville, contea di Lee, in Kentucky, a due ore di macchina da Louisville, la città principale dello stato. Beattyville è conosciuta come “la città bianca più povera d’America” ed è qui che oltre l’80% della popolazione ha votato per Trump. Dal momento che negli Stati Uniti non esiste un servizio sanitario nazionale pubblico, in questa zona la maggior parte delle persone non aveva mai visto un medico. Non se lo poteva permettere. Fino a quando, grazie all’Obamacare, il 50% dei residenti ha avuto per la prima volta un’assicurazione sanitaria. Paradossalmente, nonostante adesso la gente del posto sia curata dai tanti mali accumulati nel passato, il più votato è sempre Trump che nel 2017 cercò di far abolire proprio l’Obamacare. E’ pur vero che negli USA esistono anche due programmi di assistenza pubblica sanitaria: Medicare per l’assistenza agli anziani ultrasessantacinquenni e Medicaid, gestito dai singoli stati, rivolto ad alcune fasce di popolazione a basso reddito. Ma di fatto si tratta di palliativi in quanto ben 48,6 milioni di americani erano sprovvisti di assistenza sanitaria. Solo nel 2019, dopo l’intervento di Obama, gli americani senza copertura sanitaria sono diventati 28,9 milioni.

“La povertà che ho visto girando per gli USA non l’ho mai vista in nessun altro paese occidentale – scrive Giovanna Pancheri – È un’indigenza che muta i corpi, che leggi nei denti marci e neri, nei ventri gonfi sorretti da gambe ossute nelle campagne, o nell’obesità smoderata delle periferie urbane, nelle rughe che scavano volti dagli occhi giovani, nelle braccia scheletriche marchiate dai lividi dei troppi aghi. Attenzione, i corpi di cui racconto non sono quelli dei senzatetto, ma anche di persone come Vanessa che hanno avuto o hanno ancora un lavoro, con case modeste, con un’auto che nei casi più estremi è anche la loro abitazione. In questo groviglio di piaghe, dipendenze e malattie sta la misura delle condizioni economiche di una persona. Questo accade quando la sanità da diritto diventa commodity, una fonte di profitto da sfruttare al pari del petrolio o del carbone”.

Donald J. TrumpQuesto atteggiamento non è solo dei conservatori repubblicani, ma è condiviso anche dai democratici progressisti. Ne è la prova la conversazione che si è tenuta nel marzo del 2020 in uno studio televisivo tra Bernie Sanders, anziano pro-socialismo aspirante alla presidenza degli USA, e Joe Biden. Mentre Sanders sosteneva che, per affrontare una pandemia, era quanto mai necessaria una sanità universale, Biden rispose: “In Italia c’è la sanità pubblica e guarda che fine hanno fatto”.

Eppure fu proprio Obama che il 23 marzo del 2010 firmò l’Affordable Care Act che prevedeva tutta una serie di provvedimenti per fornire un’assicurazione sanitaria al maggior numero possibile di americani. Di fatto, spiega la Pancheri, negli USA persiste “l’enorme paradosso di trovarsi in condizioni quasi da terzo mondo in un paese che resta l’eccellenza a livello mondiale sia per le cure che per la ricerca”.

“Il livello di povertà di un’intera generazione – spiega il dottor William Cook, medico nel comune di Austin, nell’Indiana – ha portato alla disperazione, allo sconforto e all’isolamento, e poi all’uso di droghe. E l’uso di droghe ha portato all’uso di stupefacenti per via endovenosa, e questo all’epidemia di HIV in cui ci siamo trovati nel mezzo”. Un dato, questo, che non stupisce più di tanto se si pensa che ogni anno negli USA sono più di 80mila le persone che iniziano a usare l’eroina, mentre superano i 10 milioni gli americani che abusano di farmaci oppiacei regolarmente prescritti. Se a questa drammatica situazione si aggiunge la devastazione provocata dal Covid-19, si può immaginare in quale stato si trovino tante comunità americane. Joe BidenAnche se, come fa notare la Pancheri, il primo paziente per Covid-19 negli Stati Uniti venne identificato nello stato di Washington già il 20 gennaio 2020, cioè prima che scattasse il lockdown di Wuhan, in Cina. Come ha scritto il noto giornalista Bob Woodward nel suo libro “Rage” (Rabbia), Trump era perfettamente consapevole della minaccia del Covid, ma preferì mentire ai cittadini per non allarmarli. E ha continuato così per mesi, negando l’uso della mascherina e sostenendo che il virus era sotto controllo, anche mentre cominciavano a morire a migliaia a causa del Covid. “La cosa più frustrante – ha detto Jody Doering, infermiera del Sud Dakota alla CNN – è vederli morire pieni di rabbia e di rancore. Le loro ultime parole prima di andarsene non sono per i loro cari, ma sono: ‘Questo non sta succedendo, non può essere vero’. Non respirano, hanno livelli di ossigeno per cui necessitano di intubazione, ma preferiscono pensare che sia colpa di un’influenza, di una polmonite, addirittura del cancro”.

Del resto non fu un caso se, nel periodo di Trump, alla fine la Casa Bianca divenne un cluster, cioè un covo di infezione. E quando il contagio sfuggì al controllo, gli Stati Uniti vennero investiti in modo a dir poco drammatico. Il fatto che Trump parlasse di sé come “il più grande presidente americano dopo Lincoln”, non gli servì a molto. Per citare la Pancheri: “Come insegna la scienza, pensare che il Coronavirus non esiste non basta a farlo scomparire. Come insegna la storia, pensare di essere Lincoln non vuol dire essere Lincoln”. Del resto, la sua sconfitta alle elezioni presidenziali, con tutto il terribile seguito dell’attacco al Campidoglio da parte dei suoi seguaci, si può spiegare nel nuovo volto di “un’America fatta di miseria, meschinità, diseguaglianza, decadenza e di tutte quelle cose che si cerca di ignorare finché non ti esplodono in faccia determinando il corso di un’elezione”.

Uno scorcio di Beattyville, KentuckySe vogliamo analizzare ancora meglio la rivoluzione sociale che è avvenuta negli Stati Uniti in questi anni, allora si deve risalire a George W. Bush junior e ai suoi alleati neo-conservatori, che hanno dato la mazzata finale alla classe media americana. Il capitalismo selvaggio, che ha concentrato il potere e la finanza nelle mani di un piccolo gruppo di stramiliardari, ha distrutto il classico tessuto sociale degli USA, cancellando di fatto la classe media. L’obiettivo era, e resta, creare una società di pochi ricchi che dominano una vastissima platea di proletari. E’ alquanto ovvio che una simile situazione non è destinata a durare a lungo e, prima o poi, ci saranno delle pesanti conseguenze come, in qualche modo, viene anticipato nel libro “Sfrattati. Miseria e profitti nelle città americane” di Matthew Desmond. Un solo esempio: “Frutta e verdura nell’America regina della coltivazione intensiva – scrive la Pancheri – sono beni di lusso, come potrete constatare se provate a comprare una mela a New York”.

Ma c’è di più. Il 21 giugno del 2018 è stato presentato al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite il Report dell’inviato speciale dell’ONU sulla povertà estrema e i diritti umani negli Stati Uniti. “Nel 2016 – si legge nel documento di venti pagine redatto da Philip Alston – l’1% della popolazione deteneva il 38,6% di tutta la ricchezza del paese. (…) A oggi più del 25% degli oltre 2mila miliardari del mondo vivono negli Stati Uniti”.

Philip Alston, inviato speciale dell'ONU“Secondo Alston – prosegue la Pancheri – gli Stati Uniti erano e restano il paese occidentale con le diseguaglianze più importanti tra ricchi e poveri, con 40 milioni di americani che vivono in povertà, 18,5 milioni in estrema povertà, e 5,4 milioni ai livelli di un paese del terzo mondo”.

Prospettive future? Secondo il rapporto ONU, “la riforma fiscale (regalo di Natale di Trump agli americani n.d.r.) peggiorerà questa situazione e assicurerà che la società americana rimanga la più iniqua di tutto il mondo occidentale”. Non per nulla, persino il Financial Times scrive che questa riforma è stata “costruita per i plutocrati (…) Gli Stati Uniti come un tempo li conoscevamo stanno annegando in un mare di eccessiva e apparentemente illimitata avidità”. E la Pancheri aggiunge: “Per dirla con parole nostre: i più ricchi sono diventati sempre più ricchi e i più poveri sempre più poveri”. Un sistema, questo, che qualcuno sta cercando di esportare anche in Europa.

Che ne è, allora, dell’America di una volta? Del mito americano di una grande nazione che, come scriveva GeorgeWashington all’amico Joshua Holmes nel 1783, immaginava “aperta a ricevere non solo gli stranieri ricchi e George Washingtonrispettabili, ma anche gli oppressi e i perseguitati di ogni nazionalità e religione, a cui noi dovremmo riconoscere tutti i nostri diritti e privilegi se con il loro decoro e il loro comportamento dimostreranno di meritarlo”. Che ne è dell’America idealista e bucolica di Thomas Jefferson e di Benjamin Franklin? Il libro di Giovanna Pancheri fotografa la realtà di un altro paese le cui sacre radici, a ben vedere, sono state intenzionalmente occultate da un gruppo di ricchissimi capitalisti che ha sfruttato la libertà per cercare di ricreare un nuovo e moderno Medio Evo. Trump, spiega l’autrice, ha saputo dar voce all’America chiusa e isolazionista che pensa solo a se stessa. E ha preso 74 milioni voti, contro gli 80 milioni di Biden. “C’è una parte consistente d’America – scrive Giovanna Pancheri – che ancora crede in questo presidente dalle mille menzogne tanto da mettere in dubbio, seguendo le sue parole, anche la solidità dei processi democratici su cui il paese è fondato, tutto sotto gli occhi vigili e complici del Partito repubblicano, che ha barattato la propria credibilità e la propria tradizione sull’altare del consenso. Presupposti allarmanti per chiunque si troverà a governare da qui in avanti, soprattutto se non sarà in grado di riconoscere, accogliere, proteggere e curare anche chi ha scelto Trump”.

Solo così, conclude l’autrice, Joe Biden potrà dare il via alla “Rinascita americana”.

 

“RINASCITA AMERICANA – La nazione di Donald Trump e la sfida di Joe Biden” di Giovanna Pancheri, Società Editrice Milanese, 2021, 250 pagine, ISBN 9788893903110, €18,00.

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